LGBTQIA+, diritti a confronto. Intervista doppia

Diritti LGBTQIA+ a confronto. Intervista doppia

Giugno è il mese del pride e noi abbiamo deciso di fare un’ intervista a due persone facenti parte dell’ LGBTQIA+ community: Amanda una donna trans e Roux una persona non binary. Scopriamo insieme affinità e punti di vista differenti.

C’è ancora molta confusione nel comprendere del tutto alcune questioni legate all’LGBTQIA+ community. Per questo abbiamo deciso oggi di provare a entrare un po’ più nel dettaglio raccontandovi le esperienze individuali di Amanda e Roux. Siamo ben consapevoli che le loro non saranno necessariamente le esperienze vissute da altr*. Ma sicuramente le loro parole potranno aiutare a fare un po’ più di luce.

Ciao ragazz*! Iniziamo quest’intervista!

Quando avete capito di non sentirvi a vostro agio con il vostro sesso biologico?

Amanda: È un po’ una cosa che ho sempre saputo ma l’ho davvero capito quando ho scoperto che esisteva realmente un’alternativa. Ho, quindi, conosciuto e parlato con altre donne trans che raccontavano le loro esperienze.

Roux: Ho sempre avuto questa sensazione anche perché mi sono sempre piaciuti modelli androgini di persone, specialmente donne. Volevo costantemente che le persone mi scambiassero per un ragazzo e poi fare il twist “guardate sono una ragazza!” Poi in realtà è stata una scoperta piuttosto recente si parla di quattro/ cinque anni fa, sono “inciampat*” nella definizione di gender fluid e mi ci sono ritrovat*! Sperimentare con il mio genere è una cosa che mi ha sempre soddisfatto.

Le vostre famiglie e i vostri amici hanno accettato facilmente il coming out? Vi hanno supportato?

Amanda: I miei amici più della mia famiglia. In generale non ho un grande rapporto con i miei, anche perché viviamo in città diverse. Ci hanno messo un po’ ma alla fine sono stata fortunata perché mi hanno supportato. Se c’è un legame forte riesce ad andare oltre qualsiasi tipo di pregiudizio.

Roux: La mia famiglia ha accettato solo una parte della storia, non sanno tutto. Sanno che sono pansessuale ma non che sono gender fluid. Vengo da una famiglia cristiana neocatecumenale e potrebbe essere difficile spiegargli la situazione. I miei amici, invece, sanno tutto e mi hanno sempre supportato.

Amanda, hai effettuato il cambio di documenti? Hai mai dovuto nascondere il fatto di essere transgender?

Amanda: Non ho ancora effettuato il cambio di documenti, ho avviato la pratica ma è una procedura molto lunga. Richiede molti anni e non è neanche detto che la domanda venga accolta, dipende molto anche dal giudice che ti capita.

Al lavoro mi capita sempre di dover nascondere di essere transgender, ancora non ho trovato un lavoro presentandomi con la mia identità. Io lavoro come educatrice e c’è un forte pregiudizio sulla mia presenza insieme a persone minorenni o persone facenti parte di categorie fragili.

E tu, Roux, come gestisci la questione dei pronomi? 

Uso entrambi i pronomi, nello scritto e nel parlato mi do principalmente il maschile perché mi sento molto a mio agio. In un modo anglofono userei il neutro.

Solitamente nella società si dà per scontato che il percorso di transizione comprenda necessariamente un percorso medicalizzato (ormoni, operazioni…). Potreste spiegare meglio la difficoltà e parlare della vostra esperienza?

Amanda: Io sono una persona che ricerca il percorso medicalizzato ma ovviamente non per tutti è così, alcune persone si sentono a loro agio anche senza farlo. Io mi sento meglio da quando ho iniziato la terapia ormonale.

Roux: Ho una condizione che mi fa produrre più testosterone e per la mia salute devo assumere il progesterone. Non intendo fare un percorso medicalizzato e prendere più testosterone, non voglio la caratterizzazione secondaria legata ad un uomo e nemmeno togliermi il seno aiuterebbe la mia disforia. Ci sono giorni in cui non lo voglio e giorni in cui non mi tocca. Non pensato di seguire un percorso ormonale in futuro ma non mi pongo limiti.

C’è una certa confusione fra orientamento e identità. Potreste specificare?

Amanda: L’identità di una persona a livello di genere e sesso è composta da quattro fattori: il sesso biologico, l’identità di genere, l’espressione di genere e l’orientamento sessuale. Il sesso biologico è un insieme di caratteristiche genetiche, cromosomiche, fisiologiche, ormonali e ovviamente caratteristiche fisiche. Anche il sesso biologico è dinamico però ci sono anche persone intersex che hanno caratteristiche che non sono attribuite a nessuno dei due generi. Queste persone alla nascita vengono sottoposte a operazioni per ricondurle ad un unico sesso biologico e spesso scoprono di questa cosa da adulti quindi senza il consenso. L’identità di genere è l’identità in cui un individuo si riconosce. Si può definire quindi cisgender (parola latina che significa “da questa parte”, mentre la parola trans significa “dall’altra parte”) ovvero ti hanno assegnato un genere alla nascita e ti va bene mentre appunto con “trans” si indica che ti hanno assegnato un sesso alla nascita ma ti senti dall’altra parte. L’identità di genere è ormai acclarato che sia una questione psicologica. L’espressione di genere è come una persona di genere decide di mostrarsi al mondo. L’orientamento sessuale è la categoria di persone per le quali si prova attrazione (eterosessualità, omosessualità, bisessualità, asessualità e altri orientamenti).

Roux: Sono delle sfere completamente separate, io mi percepisco in uno spettro fluido. Mentre la mia sessualità è pansessuale, non guardo il genere di una persona.

Come sono cambiate nel tempo le leggi che regolamentano il processo di transizione? 

Negli anni ’90 era un percorso molto fissato, dovevi fare psicoterapia e dimostrare che stavi facendo lo sforzo di vivere nella società secondo il tuo genere di scelta- Solo a quel punto poteva esser prescritta la terapia ormonale. Prima del 2015, prima di poter andare in tribunale era obbligatoria la sterilizzazione chirurgica quindi le persone trans per poter accedere al percorso di transizione dovevano per forza sottoporsi a questa operazione. Successivamente una sentenza della corte di cassazione ha rimosso questo processo, non c’è stato un evolversi della legge, quella è la stessa dagli anni 80, sono state tolte alcune parti ma è sempre quella ed è per questo che il processo è ancora così lungo.

Abbiamo avuto il DDL Zan che sarebbe stata la seconda legge in Italia a parlare di identità di genere. Non avrebbe modificato la questione della transizione, avrebbe solamente incluso l’identità di genere fra le possibili categorie.

Quali cambiamenti pensate si debbano ancora fare?

Amanda: Secondo me bisognerebbe semplificare tutti i processi elencati prima, il cambio di nome dovrebbe essere un atto amministrativo, poterlo fare al comune di residenza sarebbe un gran risparmio di tempo.

Anche dover fare infiniti test diagnostici che tra l’altro costano moltissimo dovrebbe essere evitato, anche perché sono per lo più test ridicoli, dove le domande sono super stereotipate. Mi piacerebbe anche poter eliminare il genere dai documenti perché alla fine non cambia nulla. Servirebbe anche per le persone intersex, se si potesse inserire una terza categoria o proprio non segnalare il genere non ci sarebbe più bisogno di decidere il sesso di un bambino alla nascita. In Germania le persone intersex possono richiedere di avere la lettera X sul proprio documento.

Roux: Vorrei che il cambio di nome si potesse fare anche prima dell’inizio del percorso. La top surgery non dovrebbe essere legata solo al prendere gli ormoni perché io in un futuro potrei desiderare di fare una mastoplastica riduttiva. Qui in Italia, però, non puoi togliere un organo completamente sano, quindi, bisogna raggiungere altri paesi o trovare cavilli burocratici. Sono favorevole a un percorso psicologico primario, la sessualità e l’identità di genere sono cose fluide ed è importante cercare un contatto più profondo con noi stessi.

Avete mai subito discriminazioni o violenze?

Amanda: È difficile rispondere, diciamo che io ho evitato di subire le violenze peggiori che altre persone trans subiscono perché di base esco molto poco di casa. Se ti chiudi in casa è difficile farsi aggredire. Però per esempio quando andavo al centro di transizione a Roma, allo sportello per pagare si rivolgevano a me al maschile nonostante le persone in quel centro dovrebbero sapere o immaginare che si sta affrontando un percorso di transizione.

Da quando è uscito il green pass per me anche prendere il treno o andare in un locale è diventato complicato. A meno che non avessi la certezza che fosse un posto safe preferivo non divulgare la mia identità di genere per non subire violenze.

La peggior discriminazione per me è quella di perdere opportunità. Prima fare un colloquio di lavoro era molto semplice ora è diventato praticamente impossibile. Non ho ancora un medico di base perché ho difficoltà a trovarne uno che sia comprensivo con le persone trans e, affrontando io stessa un percorso, ne ho bisogno. Confronto molto la mia vita adesso rispetto a prima, non vado al mare da anni per esempio.

Roux: A parte omofobia generale per strada, sono stat* molto fortunat*, non ho mai subito violenze per il fatto di essere gender fluid. Una persona usava il mio dead name come arma, mi ci chiamava in continuazione, alla fine abbiamo discusso e gli ho spiegato perché non doveva farlo.

Che rapporto avete con le vostre foto passate e il vostro dead name?

Amanda: Ho un rapporto molto brutto con il mio dead name e mi dà molto fastidio che persone che ora mi conoscono come Amanda lo debbano vedere. Se devo utilizzarlo per fini burocratici posso anche concettualizzarlo come uno strumento che uso per accedere ad un servizio. Riguardo alle mie foto passate riesco a riguardarle, ho iniziato la mia transizione a 28 anni quindi ho vissuto parecchio e ho viaggiato tanto e fatto varie esperienze che semplicemente non posso dimenticare, sono parte di me. Non le mostrerei mai ad altre persone, o meglio magari coprirei la mia faccia, però io riesco a riguardarle comunque.

Roux: Il mio dead name non mi piace per questioni religiose principalmente. Ma che tu mi chiami Maria o mi chiami Roux, sempre una persona gender fluid resto. Il fatto che il nome Roux mi faccia stare meglio è una parte. A meno che io non abbia ripetuto più volte di non chiamarmi Maria se una persona mi ci chiama non mi sta insultando, la cosa non mi tocca. Da una parte solo la mia famiglia mi ci chiama e non mi dà fastidio, prima lo odiavo di più, lo sentivo in continuazione. Con le mie foto passate ho un rapporto particolare, invidio il mio aspetto passato perché avevo un corpo più androgino, più magro e sembravo più a cavallo fra i due mondi.

Parlatemi di un momento felice del vostro percorso:

Amanda: Non c’è un solo grande momento ma più tante piccole cose, per esempio la prima volta che le persone mi si sono rivolte al femminile nonostante io non abbia fatto grandi sforzi per “sembrare una donna”. Una mattina, a fine lockdown, ero andata a fare la spesa in tuta e giacca a vento e i cassieri mi si sono rivolti al femminile e dà l’idea di essere proprio una donna trans senza dover necessariamente contestualizzare come ti poni e che immagine dai.

Oppure quando mia madre fa delle manifestazioni di riconoscimento del mio genere nonostante per lei sia stato difficile. Ad esempio, una volta smontando l’armadio mi ha dato dei suoi vestiti. E’ stato un momento molto carino.

Non mi importa necessariamente che i pronomi siano sempre impeccabili, qualche volta anche i miei amici sbagliano, mi interessa molto più di questi piccoli gesti dove vengo vista e riconosciuta per quello che sono da persone per cui per me è importante che mi vedano come Amanda.

Roux: Sicuramente il momento in cui ho iniziato a cambiare i miei pronomi, ne ho parlato con un mio amico al liceo e lì ho iniziato a fare più attenzione alla cosa. É dal liceo che mi faccio chiamare Roux, è iniziato in maniera inconscia, è il mio nome d’arte! Solo  negli ultimi anni, però, ha raggiunto quello che è adesso.

Speriamo che con le loro risposte ed esperienze Amanda e Roux abbiano aiutato i lettori ad entrare meglio nell’universo dell’ LGBTQIA+ community e che, soprattutto, abbiano aiutato a capire quanto sia importante continuare a lottare per i diritti di tutti in modo da costruire un mondo sempre più libero.

 

 A cura di Elena Massaro

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