Enrica Arena, Ceo e Co-founder di Orange Fiber, ci parla dell’evoluzione della sua azienda che realizza un tessuto resistente e sostenibile dai sottoprodotti degli agrumi con base operativa a Catania, Sicilia.
Il nostro giornale aveva già avuto l’opportunità di intervistare Enrica Arena e raccontare l’inizio dell’avventura di Orange Fiber, quando l’azienda era ancora in fase di start up. Vestirsi con gli scarti degli agrumi: un’idea che poteva sembrare folle, eppure brevettando un processo di produzione innovativo è stato possibile creare un tessuto sostenibile adatto a brand di moda e di design che vogliono promuovere innovazione e tutela dell’ambiente anche attraverso i capi di abbigliamento che realizzano.
Un argomento che dovrebbe stare a cuore a molti brand di lusso e non, dal momento in cui si stima che il settore tessile sia responsabile del 20% dell’inquinamento dell’acqua potabile mondiale a causa dei dispendiosi processi di tintura, finitura e lavaggio dei capi.
Con acume, costanza e resilienza è possibile invertire questa rotta, trasformando uno scarto alimentare dal forte impatto negativo, in una risorsa incredibile che genera valore e sostenibilità nel settore tessile italiano e internazionale.
Facciamo un salto nel passato, a quando nel 2014 da un’intuizione brillante è nato il progetto di Orange Fiber. Perché avete scelto proprio i sottoprodotti degli agrumi per realizzare fibre tessili?
Per ogni arancia spremuta, circa il 60% del suo peso originale, diventa un sottoprodotto da smaltire. Chiamato pastazzo, contiene semini, bucce e tutto quello che non è più utile per l’alimentazione. Un residuo di lavorazione che solo in Italia vale circa 700.000 tonnellate l’anno e la cui gestione comporta importanti costi ambientali ed economici.
Con Orange Fiber siamo stati i primi a sviluppare e brevettare un processo produttivo che oggi ci consente di estrarre cellulosa atta alla filatura a partire dal pastazzo di agrumi e trasformarla, attraverso una filiera europea, tracciata e trasparente, in un tessuto sostenibile per la moda. L’ingrediente perfetto e circolare per i designer e i brand responsabili che intendono creare collezioni moda fatte per durare nel rispetto del Pianeta.
A partire dal 2014, come si è evoluto in questi 8 anni il progetto? Cosa è cambiato o cosa invece è rimasto come agli esordi?
Nel 2014 Orange Fiber era una startup appena nata, con un processo brevettato solo in Italia e tre prototipi di tessuto da agrumi presentati alla Vogue Fashion’s Night Out, il nostro primo importante evento pubblico.
Da allora il progetto si è sviluppato gradualmente con l’inaugurazione di un primo impianto pilota in Sicilia nel 2015, l’estensione del brevetto nei principali paesi produttori di succhi di agrumi al mondo, la prima produzione di tessuto per un brand nel 2016 e l’ingresso ufficiale sul mercato con la prima collezione moda in collaborazione con Salvatore Ferragamo nel 2017. Durante questo percorso, abbiamo sempre lavorato per migliorarci e metterci alla prova, partecipando a programmi di accelerazione e competizioni internazionali, che ci hanno inoltre portato alla vittoria di importanti premi e riconoscimenti.
Nel 2019 Orange Fiber è passata da startup a PMI innovativa e con i fondi raccolti grazie alla campagna di equity crowdfunding lanciata sulla piattaforma CrowdFundMe, abbiamo avviato un piano di investimenti che ci ha permesso di realizzare a fine 2020 un nuovo impianto di produzione in Sicilia e aumentare sensibilmente la nostra capacità produttiva a 15 tonnellate l’anno.
Questo ci ha permesso di stringere una partnership produttiva con il Gruppo Lenzing, leader mondiale nella produzione di fibre tessili speciali a partire da legno, per la creazione della TENCEL™ Limited Edition x Orange Fiber, la prima fibra di lyocell a marchio TENCEL™ composta da cellulosa da arancia e cellulosa da legno.
Questa nuova fibra tessile è stata utilizzata per creare una nuova collezione di tessuti in collaborazione con alcune tra le più importanti aziende di filatura e tessitura italiane.
Oggi della Orange Fiber degli esordi restano la passione e la creatività che hanno fatto nascere l’idea, la curiosità e la determinazione che hanno portato a brevettare il processo di produzione, il desiderio di fare la differenza e l’impegno per creare un futuro più sostenibile.
A cambiare è stato sicuramente l’approccio allo sviluppo dell’azienda, più maturo e strategico, la squadra di lavoro e la visione di lungo termine.
Com’è composto il tuo team? È stato difficile trovare una squadra efficiente con tutte le figure, anche fortemente specializzate, di cui avevi bisogno?
La nostra azienda ha la caratteristica di avere diverse “anime”, una più legata alla produzione industriale e una più legata al mondo tessile e dello sviluppo brand e prodotto. Il nostro CdA riflette queste diverse competenze. Io rivesto il ruolo di CEO & Co-Founder, presidiando le aree più vicine al mercato e al posizionamento strategico e sono affiancata da Giuseppe Venezia, professionista con competenze in ambito finanziario e Andrea Bonina, socio e CTO dell’azienda con un ruolo di rilievo nello sviluppo della tecnologia proprietaria e nell’ottimizzazione dei processi di produzione industriale.
Quanto al team di lavoro, ho il piacere di coordinare una squadra piccola ma affiatata, organizzata per aree di competenza (produzione e ricerca & sviluppo, sviluppo prodotto e commerciale, comunicazione & marketing). La gran parte del team è siciliano e lavora presso la nostra sede operativa di Catania, a cui si affiancano dei collaboratori che operano per lo più da remoto in smart working.
All’inizio, è stato molto difficile individuare le competenze necessarie e di conseguenza le figure che potessero contribuire allo sviluppo dell’azienda, anche perché l’area produzione copre un settore industriale non presente in Italia da più di 20 anni. Nel tempo, abbiamo trovato il giusto mix tra competenze locali e supporto esterno di centri di ricerca specializzati, che ci ha portato agli importanti risultati raggiunti in questi 3 anni.
Nonostante tutti i premi vinti e le attenzioni internazionali che il progetto Orange Fiber ha sollevato, hai deciso di rimanere in Italia, precisamente in Sicilia. Quali sono state le difficoltà nel creare e far crescere l’azienda a Catania e quali invece le opportunità?
Le difficoltà maggiori che abbiamo incontrato nel trasformare l’idea originale in un’impresa sono state diverse, riconducibili al tempo “lungo” di realizzazione di un progetto legato alla produzione che nasconde diversi rischi agli occhi degli investitori, che di conseguenza sono stati – comprensibilmente – meno propensi ad investire nella nostra azienda.
Siamo riusciti a superare queste difficoltà grazie ad un mix di finanza pubblica e privata, in cui gli investitori privati sono stati proprio siciliani, e abbiamo beneficiato di fondi nazionali come Smart&Start di Invitalia. In Sicilia, oltre agli investitori e agli agrumi, abbiamo iniziato il nostro cammino di incubazione nel 2014, trovato il nostro CTO, Andrea Bonina, e attirato molti talenti che contribuiscono ogni giorno alla crescita dell’azienda.
Abbiamo sempre visto la Sicilia come il nodo di una rete più grande, che mette a sistema le eccellenze produttive europee e il mercato internazionale, il bilancio è sicuramente positivo e guardiamo al futuro con l’idea di poter replicare il nostro modello produttivo nei paesi in cui abbiamo esteso la nostra proprietà intellettuale.
Le nuove generazioni sono molto attente alle tematiche di sostenibilità e cambiamento climatico, credi che questo cambierà anche le abitudini di acquisto, di conseguenza meno legate al mondo del fast fashion?
Negli ultimi anni l’attenzione verso i temi legati alla sostenibilità ambientale è cresciuta in maniera considerevole.
I giovani della generazione di Greta Thunberg, in particolare, si sono attivati nella lotta contro i cambiamenti climatici, facendo sentire in modo forte e chiaro la loro voce, l’urgenza di un deciso cambio di passo e il desiderio di impegnarsi per un futuro migliore.
Un impegno genuino che crediamo avrà un impatto positivo sulle loro scelte di acquisto: premieranno la qualità a scapito della quantità, la trasparenza e l’impegno dei produttori acquistando prodotti fatti per durare nel tempo, nel rispetto del Pianeta.
Perché quando si acquista un capo moda – che sia fast fashion o meno – bisognerebbe sempre porre l’attenzione ai suoi materiali e al processo di produzione, al suo costo – che racchiude anche il trattamento salariale e le condizioni di lavoro di chi lo ha creato, alla qualità e alla durata di esso nel nostro guardaroba.
Se ampliamo lo sguardo e includiamo gli anni in cui un determinato capo ci accompagna e viene indossato, ci renderemo conto che i capi prodotti in modo sostenibile sono una scelta responsabile, un investimento per un futuro più green ed equo.
Inoltre, stiamo assistendo ad un ripensamento dei modelli di fruizione della moda, in chiave sostenibile, come il noleggio e la vendita di capi “preloved” – che ne allunga il ciclo di vita e riduce la quantità di capi che finiscono in discarica. Nell’attesa del futuro, ognuno di noi può fare scelte consapevoli e responsabili e contribuire allo sviluppo di un ecosistema normativo ed imprenditoriale in cui la sostenibilità diventi il requisito imprescindibile.
L’azienda come ha reagito alle limitazioni e alle insicurezze provocate dalla pandemia Covid-19?
La pandemia di Covid-19 e la conseguente crisi internazionale ha avuto un impatto notevole soprattutto sui tempi di esecuzione del nostro piano strategico di scale up industriale.
Abbiamo cercato di mitigare i rallentamenti e ci siamo concentrati sul miglioramento dei processi interni. Oggi, ci troviamo a competere in uno scenario internazionale mutato che ha subito molte incertezze, ma siamo convinti di aver fatto scelte strategicamente solide come consolidare la nostra filiera produttiva europea e mettere la trasparenza al centro dei nostri processi.
Negli anni Orange Fiber ha collezionato collaborazioni a progetti speciali, collezioni con brand rinomati… Quali saranno gli obiettivi futuri dell’azienda?
È un momento di grande fermento: tra settembre e ottobre contiamo di annunciare le prossime collaborazioni con dei brand di moda, pubblicare il nostro primo LCA e ufficializzare delle certificazioni in fase di studio, per iniziare la nuova stagione fall/winter ’22.
A livello produttivo, l’obiettivo è aumentare la nostra capacità produttiva fino a 60 tonnellate di cellulosa da agrumi l’anno e consolidare partnership lungo tutta la filiera. L’incremento della capacità produttiva ci permetterà, inoltre, di coinvolgere target e settori merceologici diversi come quello del tessile casa o del design d’interni.
C’è qualche donna che ti ha ispirata nel tuo lavoro?
Una delle esperienze di donne a cui mi ispiro è quella di Dame Ellen MacArthur.
Sin da bambina coltiva la passione per la vela e la navigazione, fino a stabilire il record per il più veloce viaggio in solitaria verso l’equatore nel 2005, circumnavigando in solitaria il globo in 71 giorni. Al rientro ottenne il titolo di Dama Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico (DBE – Dame Commander of the Order of the British Empire).
All’apice della sua carriera fonda la Ellen MacArthur Foundation, un punto di riferimento per l’economia circolare e l’uso sostenibile delle risorse e dei materiali in ogni settore, dalla moda al cibo passando per l’energia. Unire le esperienze e conoscenze passate con la continua voglia di imparare per raggiungere una visione diversa dei nostri sistemi produttivi e di consumo un punto di riferimento importante e uno stimolo continuo per il mio lavoro.
Cosa consiglieresti ad una donna che vuole intraprendere un percorso simile al tuo per realizzare la sua idea innovativa?
L’esperienza con Orange Fiber mi dimostra ogni giorno di più la centralità delle competenze ed il valore della collaborazione nella realizzazione di un progetto imprenditoriale, specie se innovativo.
Pensare che basti una buona idea per creare un’azienda di successo è un’utopia.
L’execution è fatta di competenza, resilienza, capacità di fronteggiare le difficoltà e adattarsi ai cambiamenti senza perdere di vista l’obiettivo e i valori che sono alla base dell’azienda.
Il consiglio che mi sento di dare a chi desidera intraprendere un percorso nel mondo delle startup, da founder come me, è di creare sin da subito un team di lavoro di professionisti e giovani talenti altamente qualificato negli ambiti di maggiore rilievo per lo sviluppo dell’azienda, e di lavorare moltissimo sul business model e sulla visione a breve e a lungo termine. Così facendo la startup avrà basi solide sulle quali progettare e sarà più semplice guadagnarsi la credibilità per le attività di fundraising necessarie alla sua crescita e al suo futuro di azienda.