In che modo un simbolo religioso può trasformarsi in un accessorio di moda? Parliamo dell’hijab, portatore di significati contrastanti e che riguardano le scelte delle donne.
Da sempre al centro di riflessioni, l’hijab porta ancora oggi con sé opinioni diverse. Chi lo vede come un’imposizione alle donne musulmane, chi invece ne sottolinea la libertà di scelta. Noi non vogliamo entrare nel merito di un dibattito religioso e/o politico. Piuttosto vogliamo ripercorrere brevemente la sua storia per giungere finalmente a focalizzare l’attenzione su un nuovo elemento: l’hijab come accessorio di una moda inclusiva e attenta all’autodeterminazione.
Un tuffo nella storia dell’hijab
Negli ultimi giorni l’hijab è diventato il simbolo delle proteste in Iran. Il 16 settembre, Mahsa Amini, una donna di 22 anni, muore in seguito alle percosse della polizia religiosa iraniana. La sua colpa? Non aver indossato correttamente il velo e aver lasciato che una ciocca di capelli uscisse dall’hijab. Tale violenza ha generato una risposta da uomini e donne di tutto il mondo che si oppongono all’imposizione dell’hijab con la forza e della violazione della libertà delle donne.
Tra le vittime degli scontri di questi giorni, c’è anche Hadis Najafi, una giovane ventenne. La si vede in alcuni video diventati virali mentre si lega i capelli, un gesto che noi donne ripetiamo più volte durante il giorno e che simbolizza il “mettiamoci all’opera”. Ciocche di capelli che spaventano il regime teocratico e diventano al tempo stesso il simbolo di questa rivolta. Tagliarne una in segno di protesta e di grido a lutto, questo è ciò che sta avvenendo in Iran ma anche nelle piazze italiane. Ciocche che vengono raccolte e destinate all’Ambasciata della Repubblica islamica dell’Iran in segno di protesta. Un regime che dal 1979 ha limitato la libertà di espressione del proprio credo e di autodeterminazione alle donne iraniane. Ma è sempre stato così?
La storia dell’Iran dell’ultimo secolo ha visto diversi regimi e opinioni cambiare in merito all’hijab. Tra il 1936 e il 1941 lo scià Reza Pahlavi, spinto da un forte desiderio di occidentalizzazione, impose il divieto del velo e che tutte le donne che lo indossavano dovessero essere svelate. Un’imposizione questa che violava nuovamente i diritti e libertà per le donne di praticare il proprio credo.
Accessorio di moda inclusivo
Negli ultimi anni l’hijab, al di là della sua simbologia religiosa, ha iniziato a ricoprire un importante ruolo nel settore della moda. Nasce un nuovo concept, quello di modest fashion, una moda che coniuga lo stile con l’osservanza dei precetti religiosi. Coprire il corpo senza rinunciare ad essere trendy: questa la nuova sfida dei brand.
In quest’ottica, nel 2016, Dolce&Gabbana presentano la collezione Abaya, rivolta alle donne musulmane. Hijab in pizzo e colorati mostrano un nuovo modo di guardare al capo tradizionale, una maniera per esprimere femminilità seppur rispettando il proprio credo.
La collezione, che ha trovato pareri positivi e negativi, è stato comunque uno dei primi tentativi di rivolgersi alle donne musulmane e venire incontro alle loro esigenze di stile. Far in modo che le differenze culturali non fossero un ostacolo ma bensì una nuova opportunità per esprimere la bellezza della diversità. Nike, Asos e molti altri li hanno seguiti in questa sperimentazione e sempre più brand si stanno aprendo verso il mercato islamico.
Da simbolo conservatore l’hijab si trasforma in un accessorio alla moda portatore di tradizione ma anche di innovazione e inclusività.
Questa nuova attenzione coinvolge anche il mondo dei giocattoli. Nello stesso anno, Haneefah Adam crea Hijarbie la prima bambola con il velo. Scopo di questo progetto è quello di far in modo che le bambine musulmane si sentano rappresentate e incluse.

Tutorial e video su Tik Tok mostrano tessuti, accessori e modalità per arricchire l’hijab, portando la tradizione a mixarsi con l’innovazione e la modernità.
Hijab e libertà di scelta
Le rivolte di questi giorni e il dualismo nella considerazione dell’hijab, come portatore di precetti religiosi e come accessorio di una moda distintiva, ci portano a concludere la nostra riflessione su una convinzione. Così come per la scelta di un abito, le donne dovrebbero sentirsi sempre nella condizione di decidere se indossare o meno l’hijab e di potersi esprimere al meglio nella loro diversità, culturale e religiosa.
Nessuna donna dovrebbe morire per una ciocca di capelli fuori posto. Mettiamoci all’opera.
