A pochi giorni dal debutto della nuova divisa della Nazionale di calcio, abbiamo fatto un giro fra le diverse sfaccettature del tifo “Made in Italy”. Amore, odio, vizi e virtù di noi tifosi italiani.
L’italiano medio non è tifoso, di più. Vive l’attaccamento alla maglia della sua squadra del cuore quasi come una fede. Anzi, leviamo anche il “quasi”, poiché le “conversioni” da una squadra all’altra sono più uniche che rare.
“Ti amo, poi ti odio, poi ti amo…”
Ma tutto cambia quando a giocare sono gli Azzurri. La nazionale maggiore è infatti croce e delizia del tifoso italiano. E’ un rapporto strano, particolare per molti versi.
La Nazionale appare infatti come il bersaglio preferito dei tifosi, sotto tutti gli aspetti. Partendo già dalle maglie: ricordate la famosa polemica legata alla maglia verde? Ebbene, con il cambio di sponsor tecnico abbiamo scoperto che nemmeno la “bianca” e l’ “azzurra” sono al sicuro!
Italiani, popolo di stylist…
Adidas, nuovo sponsor tecnico, propone infatti delle divise da gioco che a detta dei più sono “troppo classiche, nulla di che” o, addirittura “una vera schifezza”. In realtà, l’azienda si è impegnata tanto per portare delle maglie che fossero rappresentative dell’Italia, facendo in modo che la “bianca” riprendesse le tinte del bianco più italiano conosciuto nel mondo: il marmo di Carrara!
Il marmo principe delle sculture più belle del mondo come il David o la Pietà di Michelangelo. Marmo che addirittura ricopre l’Altare della Patria a Roma. Ma quella tinta di bianco, a sentire i tifosi-stylist da divano che popolano la rete, sulla maglia della Nazionale proprio non ci può stare.
Eppure, nel lanciarla, Adidas mostra un video con protagonisti ragazzi italo-americani, in cui una di loro, Jennifer, dice: “Quando ho visto la bianca, ho capito subito: era il marmo! Lo stesso marmo che ho nel bancone del negozio! Io dovevo averla”. E la indossa con orgoglio.
Quel negozio, anzi, quella macelleria che suo nonno aprì a New York arrivando dall’Italia e che tuttora è l’unica rimasta in città. Una maglia attraverso cui ci si riconosce, che unisce, anche se distanti, anche se di generazioni diverse, ma pur sempre italiani dentro.
…Allenatori…
Ma, come ben sappiamo, oltre ad essere attenti stylist, gli italiani “sono tutti allenatori”.
Puntualmente, quando vengono diramate le convocazioni della Nazionale, c’è qualcosa che non va: “Perché c’è questo e non quello”; “Ma questo chi è?”; “Io le convocazioni le facevo meglio!”.
La polemica del momento ha un nome e un cognome: Mateo Retegui. Un nome che di italiano non ha nulla, in apparenza, ma nel mondo del calcio globalizzato, in cui l’Italia è povera di attaccanti, anche un ragazzo argentino con il nonno italiano può ambire alla maglia azzurra.
“Ma in Serie B è pieno di talenti!”. “E Brunori dove lo lasciamo?!”. “Si, adesso li andiamo a prendere all’altro mondo i giocatori”. Questi alcuni commenti riguardo alla convocazione del giovane Retegui, classe 1999, ottima media gol e attaccante di fisico, mai chiamato dall’irreprensibile Argentina, che è sovraffollata in attacco.
Mateo accetta con felicità e umiltà la convocazione dell’Italia. Ma i suoi pari età italiani, dove stanno? Perché non ci sono attaccanti italiani?
Un discorso per un’altra volta magari, ma da tifosi, amiamo più criticare che farci le domande giuste, altro dei nostri “pregi”.
…E, soprattutto, unito nel nome del calcio
Ma non si pensi, che il tifoso medio italiano, critichi e basta. Per la serie “Siamo tutti bravi a tifare a Nazionale ai Mondiali!”, è questo uno dei momenti forse più belli del tifo nostrano. Perché si, è vero che in quel periodo, come durante gli europei, un po’ tutti parlano dell’Italia, ma se la vedessimo da un altro punto di vista?
Infatti in momenti come questi, spesso, cessano tutte le rivalità calcistiche e non, anche chi non ne sa di calcio si piazza davanti alla tv e ci ritrova con gli amici o la famiglia per guardare insieme la partita. E anche questo, in fondo, è la nostra essenza.
Ciò che, per dirla con i latini, è la “convivialità”, il ritrovarsi insieme. Insomma quello è il momento in cui ci sentiamo molto italiani. E siamo talmente coinvolgenti, da portare dalla nostra parte anche chi italiano, in teoria, non è.
Cosa c’è di più Made in Italy del ritrovarsi a mangiare una pizza tutti insieme davanti alla partita dell’Italia?
Ricorderemo gli ultimi europei infatti, anche perché a festeggiare con noi c’erano persone di altre nazionalità. Dagli italiani di seconda generazione sparsi per il mondo, alle persone che pur venendo da altri paesi, si sentono a casa in Italia. Da nazioni confinanti con noi, come la Spagna, a luoghi come la Cina. E fino alla Scozia, che aveva qualche motivo in più per tifare Italia e intonare l’inno a suon di cornamuse.
Insomma, il rapporto fra gli italiani e la Nazionale sarà certamente di amore-odio, ma non è forse su questo sentimento che si basano le grandi storie d’amore?