Anoressia e disturbi alimentari: intervista a chi ne ha sofferto

anoressia

I disturbi alimentari vengono considerati ancora troppo spesso un tabù e noi, per poterne parlare in modo centrato abbiamo deciso di intervistare Francesca, una ragazza laureata in psicologia clinica che ha sofferto di anoressia. Attraverso la sua storia e la sua esperienza clinica cercheremo di analizzare più nel dettaglio questa malattia di cui si parla ancora troppo poco.

Ciao Francesca, il tema che affronteremo oggi non è semplice, per questo ti ringraziamo per averci permesso di parlarne in modo diretto. Partiamo dall’inizio: cosa può portare all’anoressia? Qual è il primo sintomo?

Allora innanzitutto non è una strada uguale per tutti, noi possiamo al massimo parlare di teorie. In primis nella società moderna siamo circondati da input sbagliati, sui social ci sono quasi sempre solo esempi di persone perfette, con la pancia sempre piatta e senza mai un filo di cellulite; le pubblicità fuorvianti sono ovunque. In secondo luogo, l’anoressia deriva molto spesso da un rapporto disfunzionale con la madre, anche con il padre certo, ma prevalentemente con la madre. Diciamo che questa malattia subentra nel periodo della preadolescenza, quindi parliamo di tredici o quattordici anni ma in realtà si insinua nella mente dell’individuo quando è molto più piccolo, già a quattro/cinque anni. E’ qui che nasce il “trauma”.

La madre è troppo presente, è eccessiva e tende a sostituirsi all’individuo. È sempre pronta a darti questa “pappa asfissiante sotto forma di cibo”, non ti chiede “cosa vuoi per cena” ma ti rovescia direttamente nel piatto quello che c’è di preparato. Essenzialmente ti scavalca, poi negli anni ovviamente questo lo assimila e viene fuori il sintomo.

Per quanto riguarda, appunto, i primi sintomi che si possono riscontrare c’è sicuramente il digiuno, digiuno totale oppure il conteggio delle calorie. Di conseguenza c’è chi inizia a fare molto sport e sa precisamente quante calorie va a bruciare e quante va ad inserirne in bocca; oppure c’è chi, anche se mangia o beve un bicchiere di latte, lo vomita. Quindi in realtà esistono diversi problemi per chi soffre di anoressia e uno di questi riguarda sicuramente la socialità; infatti, per una persona anoressica i problemi iniziano nel momento in cui si mette a tavola.

Ecco, mi collego a questa tua ultima affermazione per porti la seconda domanda: per lo sviluppo dell’anoressia il rapporto con la famiglia o gli amici può influenzare?

Sì, come detto prima principalmente riguarda la famiglia, la combo peggiore è una madre troppo presente e un padre assente che non riesce a mettersi in mezzo. Ho studiato le teorie dello psicanalista Jaques Lacan ed egli diceva che in questa situazione il padre non riesce a strappare la figlia dalle “fauci della madre coccodrillo” che la vuole essenzialmente mangiare.

Poi, rimanendo sempre nel contesto familiare, tra fratello sorella potrebbe presentarsi la questione dell’invidia, della rivalità; però in questo senso non è stata riscontrata un’alta correlazione. Per quanto riguarda gli amici sì, anche loro possono influenzare. A me ha influenzato, per esempio, aver frequentato le famose amiche che mangiano e non ingrassano o, peggio ancora, quelle che ti dicono: “io vado tutti i giorni in palestra e mangio due foglie di insalata”. Ovviamente questo è impossibile perché erano in perfetta salute ma per me erano un esempio fuorviante. La cosa peggiore però credo sia avere vicino persone giudicanti perché, essenzialmente, è come ritrovare un po’ quello che la madre è dentro casa.

Il cibo di fatto è l’unica cosa che possiamo davvero controllare nella nostra vita, ci possono capitare tante cose per sbaglio ma di certo non ci può finire qualcosa in bocca per errore, a parte che so un moscerino mentre corri, ma di base non succede, devi essere cosciente per mangiare qualcosa.

Come può l’anoressia impattare sulla vita di una persona? Per esempio durante i pranzi di Natale?

Sicuramente impatta tanto. Tutto ciò che è convivio, tutto ciò che è mangiare insieme agli altri diventa un problema. Lo è il pranzo di Natale ma anche andare banalmente al cinema dove nasce il pensiero di dover mangiare ad esempio i popcorn perché tutti se li prendono; quindi, non solo la casa ma purtroppo anche le uscite con gli amici diventano motivo di terrore. Io evitavo di fare tutto questo perché potevo incorrere nel rischio di dover mangiare e poi sentirmi in colpa perché qui è un senso di colpa continuo essenzialmente. Io tendevo a chiudermi dentro casa, a non avere più una vita sociale, evitavo il più possibile quelli che erano i momenti familiari e, quando non si poteva proprio evitare, cercavo di salvaguardarmi il più possibile.

Per una persona anoressica l’ideale sarebbe poter vivere in un castello totalmente sola, senza nessuno.

Spesso una cosa che fanno i pazienti anoressici è una sorta di digiuno preparatorio. Sta per arrivare il giorno di Natale? Perfetto per un mese si va avanti a carote ed acqua così che se al pranzo si è costretti a mangiare anche solo una minima cosa si è comunque “protetti” perché tanto per un mese non si è mangiato nulla.  Pensando alla convivialità mi è venuta in mente una cosa interessante: alle persone anoressiche in realtà piace cucinare, dare da mangiare agli altri provoca una sorta di sazietà, guardando gli altri mangiare è come se mangiassero anche loro.

Secondo te se ne esce mai veramente o resta sempre questa percezione a livello corporeo?

A questa domanda ti rispondo con le parole della mia psicologa: lei mi disse che non se ne esce mai perché questo si tratta di un modo di sfogare. Tutte le volte che una persona che ha sofferto da adolescente di anoressia poi anni dopo, anche a trenta o quaranta, se avrà problemi andrà sempre a sfogarsi sul cibo. Sarà sempre una valvola di sfogo ma si può imparare a gestire. Quando ti arriva la vocina in testa che ti dice “non mangiarlo” si può imparare a chiuderla in un angolo. Si impara a convivere con questo, come con altre patologie mentali.

Cambia anche il modo di affrontare la sessualità?

Certamente, questo oltre ad averlo vissuto l’ho anche studiato all’università affrontando Freud. Egli ricollegava tutto al complesso di Edipo: la bambina desidera il padre ma la madre si mette in mezzo e questo genera, nella bambina, una sensazione che poi di fatto è realtà in cui la madre è iper-presente e vuole sostituirsi alla bambina che al tempo stesso vuole il padre, una sorta di loop.

Questo apparente rifiuto del padre si insinua nella mente della persona anoressica fin da piccola e va a incrementarsi in età adolescenziale quando si incontra un possibile partner. Non ci sente degni di ricevere un certo tipo di amore, diciamo a livello relazionale, e quindi anche se riuscirà magari ad avere rapporti sessuali fisicamente, tenderà a vederlo come una cosa meccanica, non vivrà quello scambio come uno scambio d’amore. C’è il terrore di essere nudi, di essere visti nudi da chiunque quindi il rapporto sessuale è molto difficile che avvenga, ma anche quando dovesse avvenire, non viene vissuto come una cosa spontanea perché si vive comunque la sensazione di non essere degni.

Secondo te è possibile fare prevenzione?

È difficile fare prevenzione sul soggetto, cioè non si può andare nelle scuole e parlare alle ragazzine di  quattordici anni che probabilmente se ne soffriranno da di lì a poco già hanno dentro il semino. Anche perché appunto, come abbiamo detto, spesso si tratta di una questione familiare. Una cosa che secondo me si può fare è creare degli sportelli di ascolto che funzionino bene e che siano magari presenti nelle scuole. Importante è sicuramente la giornata del fiocchetto Lilla, perché comunque se ne parla e ci si riesce a rivolgere soprattutto alle famiglie, è con loro che bisogna parlare. Si pensa sempre all’anoressia come una malattia adolescenziale ma, come dicevo prima, è un qualcosa che si insinua fin da piccoli. Quindi bisogna far capire alla famiglia che magari ha figli di due anni che questa problematica potrebbe riguardare anche loro, anche loro dovrebbero provare a prevenire.

Perfetto Francesca, grazie mille sei stata molto esaustiva. Se dovessi rivolgere un appello sul tema quale sarebbe?

L’anoressia come tutti i disturbi mentali è un qualcosa di cui si parla sempre troppo poco, si tende sempre a pensare “tanto a me non capita” e invece, come spiegato anche in questa intervista, è un qualcosa che nasce all’interno delle famiglie, nelle mura di casa. È per questo che è importante capire e ascoltare chi ci circonda e che ne ha sofferto, per comprendere al meglio le storie personali di tutti e poter insegnare alle nuove famiglie che verranno a “prevenire”.

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  • salute
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