In passato le immagini erano accomunate alle fotografie personali, ai cartelloni pubblicitari oppure a piccoli spazi con didascalia sui giornali. Oggi sono dappertutto. Nei giornali spesso più delle descrizioni e, in ogni caso, sono parte integrante dell’articolo. Siamo partiti da qui per fare un exscursus fino a giorni d’oggi.
Quando si parla di immagini oggi si apre un mondo di definizioni, concetti e sfumature. Oltre l’utilizzo che se ne è sempre fatto non si può per esempio non pensare anche al digital, a partire dai social come Instagram o Pinterest che hanno fondato il loro algoritmo sulle immagini, arrivando alle semplici ricerche online: dalla più banale alla più seria dalle immagini non si transige.
Ma perché?
Innanzitutto, le fotografie in particolare negli articoli giornalistici servono da veicoli emotivi. Attraverso uno scatto, un fotografo può catturare l’essenza di un momento, suscitando empatia, indignazione o gioia.
Una sola fotografia può essere in grado di amplificare l’impatto di un articolo, connettendo il pubblico alle storie narrate in modo più profondo.
Gli scatti, poi, hanno il potere di rendere più veritiero un pezzo, forniscono una testimonianza visiva e in un certo senso confermano quanto raccontato.
Soprattutto se particolarmente impattanti, possono attirare l’attenzione su questioni sociali, politiche o ambientali, spingendo il pubblico a riflettere.
Al giorno d’oggi è ovvio che anche le immagini possono essere finte o manipolate attraverso varie piattaforme ma, risultando comunque più credibili, spesso si tende a dubitare maggiormente di un testo scritto che di un’immagine.
Non sempre le immagini sono eticamente corrette
L’uso delle immagini nei media o nei giornali va spesso incontro a decisioni di natura etica, poiché la scelta di un’immagine piuttosto che di un’altra può influenzare una parte di pubblico e dare quindi una percezione diversa degli eventi.
Le rappresentazioni visive hanno, proprio in quanto rappresentazione, anche il potere di dare una visione distorta della realtà.
Le fotografie di guerra, da cui ultimamente siamo invasi, svolgono un ruolo ambivalente, essendo sia fonte di informazione che di disturbo. Più di una volta giornali online e fisici hanno pubblicato immagini forti che hanno turbato il pubblico tanto da portare a rivolte mediatiche.
Questo accade soprattutto se le immagini riguardano minori come nel caso di Aylan Kurdi: il bambino siriano morto sulla spiaggia dopo un naufragio del barcone.
Ciò che ha creato maggiore disturbo è stata sì l’immagine in sé,ma soprattutto il contesto in cui essa si svolgeva: un bambino riverso a testa in giù sulla sabbia, luogo dove i piccoli dovrebbero giocare, correre e divertirsi. Non morire.
L’impatto delle immagini in ambito giornalistico
Quindi, da un lato, le immagini di guerra aggiungono concretezza alla narrazione poiché, soprattutto in contesti difficili come questi, è più facile entrare in contatto con queste realtà osservando piuttosto che solo leggendo.
È più semplice immedesimarsi quando si vede la violenza, è più difficile dimenticarsene e quindi è anche più facile suscitare una reazione.
D’altra parte però queste possono anche provocare, come dicevamo prima, una reazione esagerata da un punto di vista etico; l’impatto emotivo può essere profondamente traumatico e generare dunque stress.
La questione dell’eticità nell’uso delle immagini di guerra è per questo un tema centrale.
È importante che giornalisti bilancino la necessità di informare con la responsabilità di non turbare eccessivamente a livello emotivo i lettori.
La selezione delle immagini e la considerazione dell’influenza psicologica sono essenziali per evitare un eccessivo riscontro sensazionalistico.
Bisogna garantire una rappresentazione rispettosa delle vittime e delle tragedie.
L’assuefazione alla violenza
Spesso l’eccessiva esposizione a immagini traumatiche può contribuire alla cosiddetta “stanchezza da compassione”, un fenomeno in cui il pubblico diventa insensibile alle sofferenze altrui a causa della continua propaganda di immagini eccessivamente intense.
In conclusione, l’impatto delle immagini nella società e negli articoli giornalistici è innegabile. Le fotografie non sono semplici accessori visivi, ma potenti strumenti che plasmano opinioni ed emozioni ma bisogna saperle utilizzare.
A cura di Elena Massaro