Caso Acerbi-Juan Jesus. Nel corso della storia ci si è liberati da malattie, guerre, schiavitù. Ma sono tante, ancora, le lotte per liberarsi, come quella al razzismo.
Razzismo, un concetto che sembra essere ancora molto radicato, forse troppo, in una società che vantiamo di definire “moderna”, “globalizzata” e “aperta a nuove sfide”. Radicato anche in ambiti che, di per sé, insegnano la condivisione, il rispetto dell’altro. O almeno così dovrebbe essere.
Acerbi-Juan Jesus. E’ sempre la stessa (brutta) storia
Partiamo da un episodio emblematico, proprio nella giornata di campionato della serie A dedicata alla lotta contro il razzismo. Una vicenda da cui non ne esce bene il protagonista, ma ancor peggio tutto il sistema del calcio italiano.
29esima giornata, big match Inter-Napoli. Ad un certo punto, fra Acerbi dell’Inter e Juan Jesus del Napoli scoppia una discussione. Non si capisce molto, ma le telecamere catturano un’immagine abbastanza eloquente. Il brasiliano si avvicina all’arbitro dicendo: “mi ha chiamato ne*ro! Non mi sta bene!”. I giocatori si chiariscono e l’episodio sembra rimanere confinato al campo da gioco.
Ma il giorno dopo la goccia che fa traboccare il vaso: con nuove dichiarazioni Acerbi, di fatto, nega quanto successo. Salta a questo punto la convocazione in Nazionale, che prontamente lo rispedisce a casa “per la sua serenità”, come da comunicato. A stretto giro arriva anche la risposta di Juan Jesus tramite Instagram. Acerbi lo avrebbe chiamato “ne*ro” e, nello scusarsi, come se non fosse abbastanza, avrebbe detto: “per me, ne*ro è un insulto come un altro”.
L’arbitro, visto che siamo sotto Pasqua, decide di interpretare Ponzio Pilato. Nel referto scrive che lui non ha abbastanza prove per comminare la sanzione e così rinvia tutto al procuratore federale, che dovrà ascoltare le versioni dei protagonisti di questa triste vicenda.
Finale poco lieto e poco chiaro
Questa mancanza di prove sarà ciò che alla fine scagionerà Acerbi. Eppure ci sono alcune cose che non tornano. Perché Acerbi avrebbe chiesto scusa, se non era successo nulla? E ancora perché Juan Jesus, avrebbe dovuto inventare parole e questioni? Come si fa a non trovare nemmeno un’immagine (una!) che possa dare una mano alle indagini, quando ormai gli stadi sono pieni di telecamere e vedono qualsiasi cosa?
Un “potenziale caso di razzismo” (così l’ha interpretato la procura federale), avrebbe dovuto essere chiarito. Così facendo, invece, non andremo neanche vicini alla verità. Ma soprattutto faremo molti passi indietro nella lotta al razzismo.
Tanta forma e poca, pochissima sostanza
Oltre al danno, la beffa: la vicenda avviene infatti nella giornata di campionato legata alla lotta al razzismo, con tanto di hashtag #KeepRacismOut e T-shirt celebrative! Iniziativa che il Napoli si riserva non seguire più, perché considerata “di facciata”, in segno di protesta con quanto accaduto.
Liberarsi dal razzismo infatti, non è per nulla facile, se pensiamo di poterlo fare solo a suon di hashtag, video e Instagram stories. Se di fronte a certi episodi voltiamo le spalle, anziché chiarirli per il bene di tutti, facciamo solo del male.
Campanelli d’allarme non ascoltati
L’Italia purtroppo non è l’unica a sperimentare episodi del genere. Anche in Spagna la situazione appare grave se un giocatore come Vinicius Junior del Real Madrid si mette a piangere in conferenza stampa e rivela di aver pensato più di una volta di voler smettere di giocare.
Ma gesti forti e sanzioni, finora, non se ne sono visti. Le uniche iniziative sono arrivate dagli atleti stessi, come alzare il pugno e inginocchiarsi o abbandonare il campo. Le istituzioni non prendono posizione, mai.
L’episodio Acerbi-Juan Jesus sarà destinato ancora a far discutere, soprattutto dopo le dichiarazioni del presidente FIGC Gabriele Gravina, che di fatto considera Acerbi come vittima. Ma soprattutto Juan Jesus sembra intenzionato a rivolgersi alla giustizia ordinaria, nonostante facendolo rischi lui una squalifica e la società per cui gioca una penalizzazione.
Sconfitta epocale
In questa situazione allora perdono tutti. Perde Juan Jesus, che si sente beffato. Perde Acerbi, a cui rimarrà la targa di “razzista” addosso, anche se assolto. Perde la procura federale, incapace di trattare la vicenda in modo competente e delicato e dargli un esito, per quanto possibile, chiaro.
Perdono quei tifosi che pensano che, davvero “ne*ro” sia un insulto come un altro. E perdono anche quelli che insultano Acerbi in modo becero, rivangando il periodo della malattia e condendo i commenti di espressioni volgari. Perdono quelli che esultano per una sentenza ingiusta, nebulosa e che nel 2024 non si può proprio accettare.
Come fare a vincere, allora?
Come liberarsi da certi comportamenti?
Sicuramente facendo rumore come hanno fatto tanti atleti, senza far finta di non vedere. Dalle istituzioni ci si aspettano prese di posizioni nette e delle regole più aspre, non solo verso i tifosi, ma anche verso i calciatori.
Solo allora, forse, potremo cominciare a vedere la luce della liberazione da questa piaga.