Orientalismo: le conseguenze storiche di una visione distorta

Orientalismo: le conseguenze storiche di una visione distorta

Con il termine ‘Orientalismo’ si fa riferimento a un immaginario collettivo costruito dall’Occidente, che pretende di rappresentare fino ai giorni d’oggi un’area vastissima del mondo – circa 500 milioni di persone – dall’Asia orientale al Corno d’Africa, in modo spesso stereotipato.

Attraverso i libri, il cinema e la televisione, è stata costruita nel tempo una falsa identità culturale dell’“Oriente”, una rappresentazione omogenea e stereotipata che ha poco a che vedere con la realtà dei popoli che include. Partendo dal mondo delle fiabe, passando per il piccolo e grande schermo, fino ad arrivare all’attualità che ci riguarda sempre più da vicino, è importante notare quanto si sia radicata una visione molto spesso distorta in tal senso.

Le mille e una notte: amalgama di culture e stereotipi esotici

Un esempio ben noto per comprendere meglio questo ragionamento sono ‘Le mille e una notte’ nella traduzione di Antoine Galland (1704 – 1717) che ha deciso di arricchire la raccolta di fiabe arabe con aggiunte ed alterazioni che soddisfacessero il gusto esotico del pubblico francese ed europeo.

Questo tipo di narrazione ha contribuito alla costruzione dell’immagine di un Oriente magico e misterioso. Gli stereotipi, tuttavia, non si limitarono agli scenari: i personaggi arabi vennero spesso dipinti come superstiziosi ed ignoranti, le donne come passive e sottomesse, caratterizzazione ossimorica per la carica erotica deliberatamente aggiunta nel sotto-testo di molte fiabe precedentemente spurie.

Qualche esempio di Oriente secondo l’Occidente

Ci sono tanti altri esempi del passato e del presente che riflettono una concezione dell’Oriente simile a questa: rappresentazioni che accorpano e mischiano culture disparate in un unico calderone disorganizzato, condendo il tutto con stereotipi fantasiosi che lasciano il margine al paternalismo dell’osservatore occidentale.

Basti pensare a due film molto famosi per la loro bellezza e innovazione: il film d’animazione Aladdin (1992), ispirato proprio a una delle novelle di Le Mille e una Notte ed il film Lawrence d’Arabia, premio oscar nel 1963. Nonostante alcuni elementi innovativi nella rappresentazione dei personaggi, come ad esempio l’intraprendenza del personaggio di Jasmine in Aladdin, o l’integrità dello sceicco Ali Ibn in Lawrence d’Arabia, sono diversi gli elementi che richiamano stereotipi orientalisti o parti di una cultura raccontata non oltre la superficie.

Per portare un esempio pratico, ricorderemo come il testo dell’iconica canzone d’apertura di Aladdin, Arabian Nights, descriva un Medio Oriente barbarico, semplificato e reso uniforme:

“Where they cut off your ear if they don’t like your face / It’s barbaric, but hey, it’s home.”

(“Dove ti tagliano l’orecchio se non gli piace la tua faccia / È barbaro, ma ehi, è casa.”)

È evidente come, pur rivolgendosi a un pubblico infantile, si perpetui una narrazione distorta e di maniera.

Dall’esotismo al terrorismo: il topos hollywoodiano dell’arabo terrorista

Queste rappresentazioni “esotiche” sono solo l’inizio. Con il mutare degli interessi politici ed economici dell’Occidente in Medio Oriente, la narrazione si è infatti tinta di sfumature più violente e propagandistiche. L’“arabo” è diventato sinonimo di terrorista.

Un esempio è il film Delta Force (1986), con Chuck Norris, in cui le forze speciali statunitensi affrontano un gruppo di terroristi palestinesi. È uno dei primi titoli a consolidare il paradigma dell’arabo-terrorista: ogni cittadino medio-orientale, a prescindere dalla nazionalità, viene rappresentato come un violento fanatico religioso.

Questa immagine si ripete in numerosi film di successo: True Lies (1994), Executive Decision (1996), Rules of Engagement (2000), The Kingdom (2007), American Sniper (2014) – per citarne alcuni – e si estende a serie TV, romanzi e altri media.

Tale propaganda visiva e narrativa, che in seguito potrà essere contestualizzata alla luce degli interessi geopolitici dell’Occidente, ha avuto un effetto devastante: ha consolidato la figura dell’arabo come minaccia, come antagonista privo di umanità, ridotto a bersaglio da eliminare. Il dialogo è sostituito dalla violenza, unico “linguaggio” a lui attribuito.

Una radice storica coloniale che porta a un presente di deumanizzazione

L’immaginario razzista e xenofobico che abbiamo interiorizzato nei confronti del mondo arabo, islamico e mediorientale affonda le sue radici in un passato segnato da mire imperialiste occidentali: prima attraverso il colonialismo francese e britannico, poi con l’interesse capitalistico americano e occidentale per il petrolio, il gas naturale e i profitti legati alla costruzione di infrastrutture in quelle terre.

Il risultato di decenni di propaganda ostile è stata la legittimazione — o, peggio, l’insabbiamento — di gravi episodi di prevaricazione da parte dell’Occidente, come l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti senza mandato ONU (2003), la guerra in Libia (2011), fino a uno dei punti più bassi della storia contemporanea: il genocidio in Palestina da parte di Israele, denunciati nel 2024 presso la Corte Internazionale di Giustizia.

La svolta nella coscienza pubblica: una responsabilità collettiva

Il culmine della catastrofe umanitaria che ha colpito la popolazione civile palestinese nel 2024 ha infranto, in parte, il pregiudizio arabofobico che per anni ha consentito all’opinione pubblica occidentale di ignorare e tacere le violenze subite dai popoli mediorientali.

Estremamente indicate per concludere questo articolo ci sembrano quindi le parole di Francesca Albanese, relatrice speciale ONU per i diritti umani nei territori palestinesi occupati. La Albanese sottolinea infatti la responsabilità collettiva nel non aver riconosciuto e denunciato questa tragedia per tempo:

“Questo è l’errore che si continua a fare, soprattutto in Italia. Si racconta che tutto sia cominciato con un attacco improvviso, ma in realtà siamo di fronte all’ultimo stadio di una violenza strutturale e sistemica contro il popolo palestinese. Una politica coloniale, di apartheid e spossessamento, che va avanti da decenni.”

È giunto il momento di una reale presa di coscienza, di umanità, e di solidarietà verso ciò che accade a Gaza — e non solo.

 

A cura di Giorgia E. M. Grimaldi

Tag

  • le mille e una notte
  • stereotipi

Potrebbe interessarti: