Federico Rampini spiega l’economia con i Beatles

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Spiegare la crisi utilizzando le canzoni dei Beatles. “All you need is love” lo spettacolo di Federico Rampini sul palco del teatro Vittoria di Roma il 13 e 14 gennaio

Erano quattro ragazzi cresciuti nella Liverpool povera degli anni Cinquanta. Non solo hanno rivoluzionato la pop largeRampiniBeatleshrmusic, ma in alcuni brani hanno “intuito” drammi e sfide dell’economia contemporanea. Dopo il successo di Occidente estremo che nella stagione 2013/2014 ha registrato il sold out al teatro Vittoria, Federico Rampini torna sul palco – accompagnato sul palco questa volta dai musicisti Roberta Giallo e Valentino Corvino – con un nuovo spettacolo: musiche e provocazioni, autobiografia e denuncia, utopia e cambiamento. Come rileggere la crisi economica e immaginare un futuro migliore attraverso le canzoni indimenticabili di John, Paul, George e Ringo. “Il mio modello di business? Sono i Beatles”. Così parlò Steve Jobs, il fondatore di Apple, uno che di business capiva qualcosa. Lui si riferiva soprattutto alla formula del collettivo che lo ispirava: vedeva i Beatles come un prodigioso moltiplicatore dei talenti individuali. Il quartetto più indimenticabile della cultura pop, però.  fu anche una start-up di successo. Proiettò quattro ragazzi cresciuti nella Liverpool del primo dopoguerra, in una penuria da Terzo mondo, verso la stratosfera della ricchezza. Le loro canzoni, composte in un periodo di cambiamenti travolgenti come gli anni Sessanta, sono ricche di spunti per parlare di economia in modo semplice, divertente, provocatorio. “Taxman” prefigura le rivolte fiscali. “Get Back” nasce come una satira dei primi movimenti xenofobi e anti-immigrati. “When I’m 64” anticipa la crisi del Welfare State da shock demografico. “Eleanor Rigby” e “Lady Madonna” evocano la nuova povertà che è in mezzo a noi. “Across the universe” con il suo richiamo al viaggio in India dei Beatles, ricorda quell’ “orientalismo” che precedette la globalizzazione. “Yesterday” con il tema della nostalgia ci costringe ad affrontare domande difficili: davvero si stava meglio “ieri”? Chi stava meglio? Quando, esattamente?

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