L’Expo apre e la Scala chiude: verso una figuraccia universale

Expo 2015 la scala

Il primo maggio apre a Milano dopo molta attesa l’Esposizione Universale. Dopo gli scandali e i cantieri ancora in alto mare si aggiunge la minaccia dei lavoratori/sindacalisti della Scala

“O ci famo o ci semo”, recita un popolare detto romano. Questa volta a finire sotto i riflettori della stampa e dell’opinione pubblica è un intelligente exploit del principale sindacato italiano, la CGIL. I suoi tredici delegati alla Scala, in vista del già travagliato parto di Expo 2015, hanno deciso di complicare ancora di più la vita a Pisapia e Matteo Renzi: il primo maggio sfileranno nel consueto corteo dei lavoratori. Peccato, però, che proprio per quel giorno era stata fissata già da tempo la prima della Turandot, appuntamento che nel principale teatro lirico nazionale avrebbe dovuto inaugurare l’esposizione universale milanese. Avrebbe dovuto…Perché adesso si dovrà scongiurare il rischio che l’opera lirica, diretta per l’occasione dal maestro Riccardo Chailly, salti, consegnandoci di fatto a un’altra inevitabile figuraccia internazionale. L’ennesima dopo Calciopoli, Mafia Capitale, il Mose e la stessa gestione privatistico-affaristica di Expo 2015. E solo per citarne alcuni dei più clamorosi.

Se a tutti gli effetti i tredici delegati dovessero scendere in piazza, a loro si unirebbero altri affiliati alla CGIL che, all’interno del Piermarini, conta tra i 400 e i 500 dipendenti, il grosso con mansioni tecniche fondamentali. L’appello di Susanna Camusso sembra essere caduto nel vuoto. La segretaria nazionale, infatti, aveva richiamato la frangia al senso di responsabilità, trattandosi Expo di “evento eccezionale di sviluppo e crescita del tutto irripetibile”.

Ancora più scandalosa e riprovevole ci è apparsa la strategia di mediazione portata avanti da Giuliano Pisapia che, oltre a essere il sindaco di Milano, è anche presidente del Cda della Scala. Arrivare a offrire a questi signori una paga superiore del 140% rispetto al solito, ovvero più di quanto viene pagato un normale giorno festivo, è una totale mancanza di rispetto verso le altre classi lavoratrici. Un privilegio che oggi, nel XXI secolo, suona ancestrale.

giuliano pisapia

Allora come non rimpiangere Margaret Tatcher, la lady di ferro che, da primo ministro inglese, riuscì a far scendere l’inflazione, a ridimensionare i sindacati, ad azzerare quasi gli scioperi, ad abbassare le tasse e a privatizzare quello che era non privatizzabile. Perché, guardiamoci dritto negli occhi, la responsabilità di queste mareggiate non può ricadere esclusivamente sulla classe politica, ma anche sui sindacati.

Per fortuna esistono sigle sindacali più lungimiranti visto che Cisl, Fials e Uil hanno dato il loro via libera.

Noi non ci possiamo fare nulla, sembra proprio scritto nel nostro DNA. È imbarazzante la facilità con cui riusciamo a mischiare le carte, a distruggere quel poco che in Italia ancora riusciamo a costruire e ottenere, a ridicolizzarci davanti a una platea internazionale, a giocare al classico “scarica barili”.

expo 2015 lavori in corso

Nei cinque mesi dell’esposizione universale Milano accoglierà, secondo le stime, oltre 60 milioni di visitatori. Ovvero tutta la popolazione del Belpaese. A oggi il capoluogo lombardo è tutto un cantiere a cielo aperto. I lavori per ultimare i padiglioni sono in ritardo e tutti sono con il fiato sospeso. Per le vie di Milano si segnalano macumbe e riti propiziatori, mentre la classe politica gira con le dita incrociate e nascoste nelle tasche delle giacche.

Forse riusciremo a portare a termine i lavori e a consegnare all’ultimo minuto una Milano allestita a regola d’arte per Expo 2015. Forse riusciremo anche a conquistare i cuori dei Paesi che hanno investito in questo grande evento. Rimane, però, la polvere. Quella stessa polvere che potrebbe compromettere la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Perché oltre alla faccia, alla reputazione e a un briciolo di orgoglio, qui ci giochiamo la reputazione.

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