Nan Golding: The Ballad of Sexual Dependency

The Ballad of Sexual Dependency, diario fotografico di Nan Golding

Per la prima volta in Italia, alla Triennale di Milano, la mostra The Ballad of Sexual Dependency: più di 700 fotografie a colori della fotografa americana Nan Golding. Una lunga sequenza di immagini e una colonna sonora che getta lo spettatore nell’America e l’Europa degli anni ’80, tra club, glitter, libertà sessuale, provocazione e intimità.

Nan Goldin è nata a Washington DC nel 1953 e uno degli eventi centrali della sua vita fu la tragica morte della sorella, Barbara Holly, suicida a soli diciotto anni. «Nella settimana che seguì il lutto, venni sedotta da un uomo più anziano. Durante questo periodo di grande dolore e perdita, simultaneamente si è svegliata in me un’intensa eccitazione sessuale», confessa la Golding stessa.

La ballata della dipendenza sessuale” è quindi la storia di un nucleo famigliare ri-creato negli anni: l’artista aveva cominciato la sua carriera da fotografa ritraendo i componenti della sua famiglia di origine, per poi staccarsene e ricercando gli stessi legami con gli amici, gli amanti, i compagni di viaggio, con la missione, confessa la Golding stessa di «lasciar andare quella parte del cervello che è soddisfatta solo dall’amore, dall’eroina o dal cioccolato, per abbracciare l’imprevedibilità del futuro e fuggire dalle vere dipendenze della vita ordinaria e tradizionale— agio, stabilità, prevedibilità».

A 18 anni, nel 1965, Nan Golding comincia quindi a scattare fotografie che venderà solo attraverso i circuiti delle gallerie e dei musei, senza mai renderle disponibili al pubblico, ad esclusione dei festival cinematografici o durante le presentazioni.

The Ballad of Sexual Dependency è a tutti gli effetti un viaggio che, cominciato negli anni ’80 e concluso nel 2017, percorre le strade di Washington, Boston, New York, fino ad arrivare in Europa attraversando Berlino e Londra. Dagli scatti della Golding traspare senza dubbio una vita tormentata fatta di vizi ed eccessi ma anche immersa in rapporti umani semplici e delicati ed è proprio questo a rendere l’intero lavoro della fotografa un diario intimo e mai provocatorio; al punto che lo spettatore, nonostante le numerose immagini di nudo e di sesso esplicito, non diventa mai un curioso voyeur, al contrario viene coinvolto nelle vite dei protagonisti come loro pari, un amico. Ciò che colpisce infatti durante la proiezione è la spontaneità dei soggetti davanti all’obiettivo, colti in momenti della loro vita estremamente privati e personali.

The Ballad of Sexual Dependency, diario fotografico di Nan Golding
Trixie on the cot, New York City 1979 © Nan Goldin

«Non fotografo mai nessuno che non conosco. Devi conoscere la persona per essere in grado di fotografarla. Ma non mostro mai delle immagini dei miei amici se non vogliono. I miei cassetti sono pieni di grandi fotografie che non mostrerò perché la persona mi ha chiesto di non farlo». E gli scatti sono tanto intimi e personali al punto che l’artista stessa ammette di avere un effetto particolare sulle persone che fotografa, «non posso dirvi quante persone hanno fatto coming out dopo aver visto le mie immagini, o hanno subìto un cambiamento sessuale o hanno trovato la loro vera identità sessuale. Attraverso le mie fotografie, vengono a rendersi conto della loro vera essenza».

Interessante è anche come le immagini e la musica siano spesso connesse tra loro: nella sequenza delle donne vittime violenza, in cui si vedono occhi neri, seni lividi, un polso tagliato e aperto come un fiore, si ascolta la canzone “Miss the girl” in cui Siouxsie Sioux canta «You didnt miss the girl, you hit the girl, you hit her with the force of steel», ma subito dopo, di riflesso, Yoko Ono con la sua “She Hits Back” accompagna immagini di donne dai corpi e dalle espressioni fiere e forti, che impugnano pistole, espressioni di una femminilità potenziata.

«In quei giorni, la gente è morta davvero veloce. Ho guardato morire quasi tutti quelli che conoscevo»

Gli scatti della Golding sono anche diventati negli anni icona di una generazione dalla vita difficile e assumono ulteriore significato se le si collegano alla diffusione del virus dell’HIV in quegli anni, tanto che l’artista stessa utilizzava la sua opera come documentario della vita quotidiana di amici sieropositivi come denuncia sociale e politica. Nel 1989, come attivista di Act Up organizza la prima grande mostra di sensibilizzazione sul tema dell’AIDS allo Space Artist di New York intitolata “Witnesses Against Our Vanishing”.

The Ballad of Sexual Dependency, diario fotografico di Nan Golding
Jimmy Paulette and taboo in the bathroom © Nan Golding

L’installazione presente alla Triennale di Milano, in Viale Alemagna 6, fino al 26 novembre, è costituita da una scenografia ad anfiteatro creata ad hoc che accoglie il pubblico e consente di assistere alla proiezione di 45 minuti. A completarla è presente una piccola esposizione di alcuni manifesti originali utilizzati per le prime performance di Nan Golding nel club di New York.

Le tracce della bellissima colonna sonora sono presenti anche in questa playlist su Spotify.

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