Smart working: eccezione o nuova realtà?

lavorare da casa smart working

Lo smart working è ormai diventato parte integrante della nostra vita lavorativa negli ultimi due anni per via della pandemia, vediamo insieme di cosa si tratta.

Stando a quanto detto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, lo smart working lavoro agile è “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività

Possiamo subito notare dalla definizione che non si parla semplicemente di organizzazione del lavoro, ma anche di benessere del lavoratore.

Lo smart working infatti consente una migliore conciliazione della vita privata con quella lavorativa grazie ad un’elevata flessibilità, garantita dal fatto che si lavori per fasi, cicli e obiettivi e non per orario. 

Smart working o telelavoro?

Spesso lo smart working viene confuso con il telelavoro, qual è la differenza tra queste due forme di organizzazione?

Come detto prima, lo smart working non ha orari precisi ma si lavora per fasi, cicli e obiettivi; proprio nell’assenza di vincoli che riguardano l’orario e lo spazio si trova la sostanziale differenza tra lavoro agile e telelavoro. 

Il telelavoro ha invece orari rigidi, come quelli che si hanno sul posto del lavoro e durante i quali bisogna essere reperibili, oltre a una postazione fissa, anche se in un luogo diverso da quello della sede lavorativa. 

Dal punto di vista contrattuale, nessuna delle due forme di lavoro rappresenta una tipologia di contratto autonoma, ma solamente una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

Il lavoro agile aumenta davvero la produttività?

Sono stati in molti a contestare questa forma di lavoro, sostenendo che non favorisca la produttività sul lavoro ma che la ostacoli. 

Il fatto che il lavoratore non sia sul posto di lavoro infatti fa si che sfugga al controllo diretto del datore il quale potrebbe, proprio per questa ragione, temere una minore produttività.

Anche il fatto di non essere fisicamente insieme ai colleghi potrebbe essere un contro dello smart working, infatti lavorando da remoto si perde il contatto umano e potrebbe essere più difficile comunicare tra colleghi e di conseguenza organizzare il lavoro.

Non solo contro. I pro

Secondo vari studi tuttavia, il fatto di poter lavorare quando e dove si vuole può accrescere la produttività.

Molte persone che hanno sperimentato lo smart working sostiene infatti che favorisca la concentrazione, eliminando molte distrazioni tipiche del luogo di lavoro, ad esempio i colleghi che fanno richieste poco importanti e non strettamente legate al lavoro che si sta svolgendo, il rumore dei pc, dei telefoni e così via. 

Nell’ultimo periodo il lavoro agile è stato usato soprattutto come metodo di contenimento del Covid-19, ma esiste ed è realtà già da tempo e nasce proprio con l’obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro e, sopratutto, la qualità di vita delle persone.

Un altro punto a favore di questa organizzazione è il fatto di non dover raggiungere il posto di lavoro, risparmiando tempo prezioso per la vita privata ed eliminando lo stress causato dal traffico. 

Come bilanciare pro e contro dello smart working: la modalità ibrida

Un buon metodo per bilanciare i pro e i contro dello smart working, venendo incontro alle esigenze sia del datore che quello del lavoratore, potrebbe essere quello di alternare i giorni di lavoro “da casa” con quelli di lavoro “in presenza”, adottando una modalità di lavoro ibrida.

Questo metodo è già adottato dia alcune aziende e da alcuni enti delle pubbliche amministrazioni che, sopratutto per via della pandemia, hanno fatto ricorso a questo modello ibrido. 

Lo smart working e le Pubbliche Amministrazioni 

il lavoro nelle pubbliche amministrazioni

Se per alcune aziende il concetto di “lavoro agile” non era affatto nuovo, così non era per le pubbliche amministrazioni. Infatti questa forma di organizzazione è stata adottata concretamente dal settore pubblico solo recentemente, per via della pandemia. 

Il 10 marzo 2021, nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale , siglato tra il Presidente del Consiglio, il ministro per la Pubblica Amministrazione e i sindacati, si concordava che bisognasse superare il concetto di smart working come mezzo di gestione dell’emergenza sanitaria.

Nel documento si parlava inoltre di entrare nell’ottica dell’inserimento nei futuri contratti collettivi nazionali di una disciplina che “garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle Pubbliche Amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata”.

In poche parole, con il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale prosegue un processo di modernizzazione e digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, sempre più orientate ad una modalità di lavoro anche telematica. 

L’ingresso dello smart working nelle pubbliche amministrazioni rappresenta una grande innovazione, infatti il lavoro dei dipendenti pubblici è sempre stato piuttosto rigido e “tradizionale”.

Ovviamente i servizi pubblici ai cittadini devono essere sempre garantiti, proprio per questo si sta optando più per un’organizzazione ibrida del lavoro piuttosto che per un “tutti a casa” come accaduto durante il lockdown del 2020.

Lo smart working sarà la forma di lavoro del futuro?

Ci si chiede se lo smart working sarà destinato a restare nelle nostre vite anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria.

La risposta a questa domanda sembra essere positiva, infatti il mondo del lavoro tende a ricercare sempre più flessibilità e bilancio di vita privata e lavorativa.  Anche se quindi, ancora tanto lavoro va fatto per arrivare a comprendere diritti e doveri dello smart working e le differenze (in molti casi) con il telelavoro… La direzione sembra essere quella giusta.

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