Viaggi migranti: la “shoah” del terzo millennio

Viaggi migranti: “La shoah del terzo millennio“ 

Raccontare dell’Africa, dei viaggi migranti, delle persone e del loro urgente bisogno di andar via non sarà un compito semplice, ma è necessario prendere coscienza della reale situazione attraverso le testimonianze qui riportate con la speranza che queste possano contribuire ad un cambiamento che deve accadere e che accadrà.

Perché gli abitanti dell’Africa scappano?  Perché vogliono andar via?

Siamo partiti da questa domanda nel nostro percorso di analisi del fenomeno.

Mi chiamo Sissù  e vengo dal Mali. Lì ci sono guerre dal 2012, nel 2014 sono partito, perché c’era ancora il conflitto armato. Lo stato era in totale insicurezza, ho pensato che se non c’era sicurezza era impossibile continuare gli studi. A Mali non avevamo un presidente, al potere c’erano i militari. Vivevamo nel terrore. Nel 2010 andai da mia madre che abitava a Nord del Mali, proprio nel bel mezzo del conflitto. Sentivo continuamente una forte angoscia, una paura di essere rapinati, picchiati e violentati. Mia madre venne rapita.

Quando arrivai in Algeria i terroristi ci rubarono tutti i soldi, hanno picchiato molti dei miei compagni. Durante il viaggio verso la Libia ho visto delle atrocità. Una ragazza è stata violentata da cinque terroristi libici, il giorno dopo è morta, non ce l’ha fatta. Ora sono in Italia, studio Giurisprudenza con indirizzo Relazioni Internazionali e so che le cose devono e si possono cambiare. Voglio trarre forza da tutto questo”.

Da un’intervista fatta a Sissù dai ragazzi del servizio civile sassarese presso il centro di accoglienza “Arci Mediterraneo” di Porto Torres

 

Nella testimonianza di Sissù leggiamo solo alcune delle motivazioni che spingono i migranti africani ad intraprendere questi viaggi.

In Nigeria mancano strutture per la formazione e l’istruzione secondaria e universitaria, c’è poca possibilità di impiego, ci sono famiglie in gravi situazioni di difficoltà e arretratezza, ci sono mafie che promuovono e obbligano la prostituzione, ci sono guerre e violenze.

In Somalia, Eritrea, Gambia ci sono regimi dittatoriali e guerre. Nella Repubblica Centro Africana e nel Sudan, oltre a non esser presente acqua potabile, ci sono scontri da più di 20 anni.

Perché le persone in fuga affrontano viaggi disumani rischiando la vita?

La risposta a questa domanda può sembrare ovvia. Perché non prendere un aereo, perché non trovare un modo più sicuro per viaggiare. Le parole di Sissù già ce lo spiegano in parte: l’insicurezza, il pericolo che entra a far parte dell’ordinario è proprio tutto quello da cui si tenta di scappare.

“Spostarsi regolarmente e in sicurezza in Paesi dove la protezione e le prospettive di vita sono forti è praticamente impossibile. Ad oggi non esiste un visto che consenta di chiedere asilo nel Paese di destinazione. Molti rifugiati inoltre non hanno un passaporto o non hanno mai avuto un documento di identità. L’unica possibilità di spostarsi in maniera sicura e regolare sono programmi come il reinsediamento, i corridoi umanitari, ed altri programmi simili. Purtroppo, a causa del numero limitato di posti messi disposizione degli Stati in questi programmi, i rifugiati sono costretti ad intraprendere viaggi irregolari e spesso molto pericolosi, affidandosi a trafficanti senza scrupoli.

L’alto numero di persone che ogni anno perdono la vita nel Mar Mediterraneo testimonia le tragiche circostanze e scelte che i rifugiati sono costretti ad affrontare, in una fuga che si ripete da paese in paese. Se le alternative fossero maggiori, molte di queste persone non rischierebbero la propria vita e quella dei propri figli”.

Le parole di Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino riprese da un’intervista di Eleonora Camilli presso Redattore Sociale

Viaggi migranti. Cosa affrontano davvero le persone in fuga durante il viaggio? 

“La mia storia non è soltanto la mia ma anche la storia di migliaia di immigrati. Ero con  mio cugino qui all’epoca, decidiamo di lasciare la costa d’Avorio perché c’era una guerra civile dal 2006, quando siamo arrivati alle frontiere come il Niger, eravamo obbligati a comprarci dei passaporti falsi. Ho sofferto tantissimo perché è un viaggio molto caldo, le temperature erano circa 50 gradi. I trafficanti libici vanno fino al Niger per prendere gli immigrati che vogliono  raggiungere la Libia, alla quale  sei costretto a pagare i soldi per farti fare questo percorso nel deserto; e sul deserto  abbiamo impiegato un mese per poter arrivare in Libia, li siamo stati attaccati dai soldati che ci hanno preso e portato in prigione. In prigione, ti fanno chiamare i tuoi genitori o un parente per poter pagare i soldi a loro.

«Chiama i tuoi genitori» Io ho detto: «Non ho nessuno da poter chiamare, fate quello che volete» e allora vedevi persone che erano picchiate e maltrattate, morti proprio davanti a noi. Ogni giorno sentivamo le grida delle persone che non ce la facevano, che morivano sotto i nostri occhi. Un giorno i soldati chiesero chi di noi era muratore e io alzai la mano. Fu la mia salvezza. Ci portarono in Libia a lavorare per tre anni e, visto il bel lavoro che avevamo fatto, alla fine siamo stati liberati.

In seguito mi sono imbarcato con altre 68 persone, il giorno dopo il nostro gommone si è spaccato in due, e chi poteva pregare pregava, alcuni di noi sono morti. Per fortuna abbiamo incontrato alcuni pescatori di Mazzara del Vallo e abbiamo detto: «Stiamo morendo, stiamo morendo, aiutateci» dissero che sarebbero rimasti lì con noi. All’epoca fu un grande onore vedere dopo un’ora avvicinarsi la barca grande della Guardia Costiera italiana”

Questa è la storia di Mamadou Plee, dalla quale è stato realizzato il film pluripremiato  “Io Capitano”. Che documenta la vera situazione che queste persone affrontano durante i “viaggi dei migranti” o “tragitti della morte”. 

Domande e risposte

Queste sono solo alcune delle testimonianze delle migliaia che si potrebbero raccontare. Persone diverse, con diverse storie di vita e difficoltà ma spesso accomunate da un destino di fuga.

Bisogna davvero comprendere che in Africa, come in altre parti del mondo che ci restituiscono racconti tragicamente simili, la situazione è critica.

I dati dicono che 3.820.000 è il numero di persone che hanno intrapreso viaggi di migrazione dall’Africa. Questi numeri sono il sintomo chiaro di un forte malessere, di un’urgenza che diventa ancora più grande, più forte quando sentiamo storie di viaggi di migranti come quella di Mammadou e Sissù.

Questo articolo vuole quindi essere una piccola fotografia, un piccolo appello fra gli altri, forte e chiaro, non solo all’Europa ma a tutto il mondo riguardo il tema dei viaggi di migranti.

 I “viaggi” che queste persone intraprendono non sono viaggi ma quella che potremmo definire quasi una “Shoah del terzo millennio”. E’ necessario aprire gli occhi e agire. Quante persone ancora devono morire?

È nel cuore dell’uomo che risiedono tutte le risposte, è nel cuore dell’uomo che risiede la forza. Prima di essere cittadini, ufficiali, capi dell’esercito, politici siamo esseri umani e abbiamo il meraviglioso obbligo morale di assicurare a tutti  l’imperativo diritto alla vita alla libertà e alla ricerca della felicità. Sì perché il perseguimento della felicità non è un “extra” ma un Diritto imprescindibile di ogni essere umano. (Dichiarazione di indipendenza americana, Thomas Jefferson, 1776)

 

A cura di Rebecca Peru

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