Bambin Gesù: eccellenza mondiale nella neuroriabilitazione infantile

Una mattinata trascorsa a Santa Marinella per conoscere i segreti del dipartimento che oggi è un’eccellenza italiana da tutelare e valorizzare. Il merito? Professionalità e tecnologie d’avanguardia nella riabilitazione motoria

Nonostante il perdurare della crisi sia un freno pericoloso alla crescita e allo sviluppo economico, l’Italia continua a rappresentare un’eccellenza mondiale nel campo della ricerca e dell’innovazione in ambito sanitario. Grazie infatti all’integrazione tra privati, enti del terzo settore ed enti pubblici, importanti centri di ricerca, come l’unità di Neuroriabilitazione dell’Ospedale Bambin Gesù a Santa Marinella, possono dotarsi di strumentazione all’avanguardia e sperimentare innovativi dispositivi robotici per ottenere il massimo del recupero possibile nei pazienti. Invitati dalla direzione sanitaria dell’Ospedale romano, ci siamo recati nella sede distaccata, a pochi chilometri da Roma, per capire come operano i medici preposti, conoscere la struttura e i macchinari d’avanguardia e, soprattutto, l’umore e le speranze di pazienti e famiglie.

All’entrata ci ha accolto Enrico Castelli, responsabile del dipartimento, che ci ha spiegato come, in un periodo di difficoltà economica come quello in cui viviamo, il suo centro riesca ad essere ancora così all’avanguardia e riuscire a offrire servizi unici al mondo.
Professore, ci spieghi pure come sia possibile oggi questo piccolo grande “miracolo”.
Le donazioni sono una componente molto importante nell’ambito della ricerca, soprattutto in questo settore. Il nuovo sistema Lokomat, che abbiamo in uso dal mese di luglio, ci è stato donato dalla Fondazione Roma. Altre attrezzature le abbiamo invece sviluppate a partire dai fondi che il Ministero della Salute ha messo a disposizione per ricerche di tipo finalizzato. O altri istituiti, come la Regione Lazio, che ci ha supportati su alcune ricerche con fondi regionali Filas. Il Ministero già da qualche anno spinge perché le proposte di ricerca abbiano un cofinanziamento da parte di partner industriali. Quando si ottiene un cofinanziamento, questo è un fattore positivo per il ministero ed è molto difficile che non approvi la ricerca.
L’anno scorso abbiamo fatto una proposta di ricerca cofinanziata con una ditta italiana che è stata approvata. Quindi da ottobre inizieremo a sviluppare questo dispositivo che può avere delle ricadute anche dal punto di vista economico. Ecco perché l’industria può essere interessata a collaborare anche con i ricercatori. Il nostro interesse è ovviamente clinico, a noi interessa realizzare dei dispositivi che possano aiutare i nostri pazienti a ottenere il massimo possibile, compatibilmente con quello che hanno avuto, perché miracoli noi vorremmo farli ma purtroppo non riusciamo ancora a farli. Però spostare questo limite più avanti e quindi ottenere di più con lo stesso tipo di lesione è l’obiettivo finale dell’intervento riabilitativo e da questo punto di vista i dispositivi in questione sono molto promettenti.

Il dispositivo che da poco avete ricevuto, Lokomat, rappresenta un’enorme innovazione in ambito neuroriabilitativo. In cosa consiste esattamente?
Il Lokomat è un sistema robotico che consente di fare una riabilitazione intensiva del cammino per i bambini che hanno avuto una lesione cerebrale per cause congenite o acquisite in fasi successive della propria vita. Il sistema è composto da quattro parti fondamentali.
Il primo è un esoscheletro, cioè un robot che viene indossato dal bambino, e viene settato sulla base delle sue misure dell’età e di altri valori. Questo sistema impone il cammino con un controllo totale della coscia della gamba e dell’appoggio del piede.
Il secondo è il tapis roulant su cui cammina il paziente che si deve muovere in sincronia con i passi in modo che, quando il piede tocca il terreno, trova una superficie che si muove alla velocità giusta.
Il terzo componente è un sistema di allevio del peso, perchè il paziente magari è in grado di compiere qualche passo ma non può sorreggere tutto il proprio peso, quindi noi possiamo ridurre il peso del paziente e poi progressivamente ridarglielo man mano che il paziente migliora il proprio controllo motorio.
E l’ultima parte è un ambiente di realtà virtuale in cui il paziente si muove, perché la cosa particolare di questo sistema robotico è che sente quello che fa il paziente. Quindi quando il paziente contribuisce, quando muove in modo asimmetrico un arto rispetto all’altro, lui muove il paziente nello spazio. Ci sono degli obiettivi da raggiungere, dei target e in questo modo il paziente si muove nella realtà virtuale ed è molto motivato, come se fosse in un videogame, a compiere un training intensivo del cammino.
Questi dispositivi robotici sembrano apportare un valore aggiunto alla metodologia riabilitativa classica. Quali sono le caratteristiche innovative che introducono il paziente nel processo riabilitativo e di recupero motorio ?
Questi dispositivi sono molto interessanti dal punto di vista del recupero delle funzioni motorie perché sono in grado di agire sul paziente mettendo a disposizione alcune caratteristiche dei training che sono alla base del recupero dopo una lesione del sistema nervoso. Perché i recuperi dopo un danno neurologico sono sempre legati a una riorganizzazione dei sistemi di controllo a ogni livello e per poterlo ottenere bisogna che sia intenso, che sia interattivo, che sia motivante che dia un feedback in tempo reale, che consenta un training di funzione che abbiano un senso.
Questi dispositivi consentono di agire secondo tutte queste regole. Ecco perché sono molto interessanti. Per l’adulto (nel bambino ancora non abbiamo gli stessi risultati per mancanza di studi specifici) che ha avuto un ictus il sistema Lokomat ha un’efficacia superiore rispetto alle tecniche più tradizionali. In pratica al termine del training ci sono circa cinque pazienti che restano in carrozzina, uno di questi si può rimettere in piedi e recuperare il cammino solo se utilizza questo sistema di riabilitazione robotica Lokomat. E questo mi sembra un grande risultato.

Il vostro centro non si occupa solamente di recupero delle funzioni motorie ma fa anche studi e ricerche per creare nuove tecnologie per il supporto dei pazienti in tutto il mondo.
La particolarità del nostro laboratorio è quella di essere un utilizzatore e un adattatore per le patologie del bambino di dispositivi che sono già in commercio per la riabilitazione robotica, come il sistema Lokomat o il sistema Rewalk per la ripresa del cammino del paziente con un danno spinale completo. Però la particolarità è anche quella di sviluppare dei dispositivi nuovi in collaborazione con il dipartimento di meccanica dell’Università Sapienza di Roma e, nello specifico, con il Professor Paolo Cappa, con cui collaboriamo da diversi anni e che è nostro partner. Insieme a lui e al suo gruppo di lavoro abbiamo sviluppato diversi dispositivi innovativi sia per la valutazione e riabilitazione dell’equilibrio in pedane robotizzate, sia per la riabilitazione e il controllo del piede nel danno neurologico che è uno delle variabili più critiche. Per questo progetto è nata un’importante collaborazione con il Massachussets Institute of  Technology di Boston. Oppure abbiamo anche realizzato, su fondi messi a disposizione per una ricerca dall’Istituto Italiano di Tecnologia, un esoscheletro pediatrico, che si indossa e che è molto leggero pesa solo due chili e mezzo, e che consente la guida in tempo reale dello schema del passo nel bambino con danno cerebrale. Questi dispositivi sono stati da noi brevettati e li utilizziamo nella clinica. La speranza? Ottenere sempre il massimo del recupero dei nostri pazienti.

 

 

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