Viaggio a Marrakech. Volume 2

marrakech

Prosegue il racconto del nostro inviato Marco Scagliarini in Marocco. Dopo limpatto iniziale con i colori e gli odori di Marrakech, la nostra guida ci porterà a scoprirne il fascino nascosto

Il secondo giorno comincia con una deliziosa colazione sul tetto del nostro alloggio, dove è stata tra l’altro allestita la zona relax e di socializzazione con gli altri ospiti (otto camere sole comunque in tutto lo stabile). Al self service abbiamo ampia scelta tra yogurt, frutta fresca di ogni genere, cornetti, brioche…

 

Scarpe comode, pantaloncino e t-shirt (già 25°alle 9 di mattina) e siamo pronti a scoprire il Palais da Bahia, una delle dimore meglio conservate, che scopriamo distare solo due isolati da noi.

Non vi racconto qui nel dettaglio le storie dei monumenti, gli orari di apertura o altre informazioni facilmente reperibili on-line, ma mi limiterò piuttosto a elencare quelli che secondo me sono i siti imprescindibili.

Ci dirigiamo così verso la parte meridionale della Medina, dove passiamo attraverso il Mellah, l’antico quartiere ebraico. Qui ci affacciamo al volo nella vecchia Sinagoga, interamente dipinta in sfumature infinite di blu e azzurro.

Attraversando piazza de Ferblantiers ( “coloro che lavorano la latta”), famosa per i suoi artigiani fabbricatori di lanterne (infatti in ogni angolo se ne vedono di ogni sorta e fattezza), si arriva al possente portale d’ accesso del Palais el Badii, forse una delle attrazioni che ho più gradito del mio soggiorno in città.

luminarie souk

La sorpresa, entrando dentro, si dispiega davanti a noi non appena alziamo lo sguardo in alto verso le merlature dei bastioni: decine e decine di cicogne nei loro nidi, intente ad accudire i loro piccoli; foto a go go, manco a parlarne.

 

E’ quasi ora di pranzo e ci avviciniamo alle tombe saadiane, dove sono sepolti i grandi sovrani della omonima dinastia; penso sia il posto dove ho visto il maggior numero di gatti riuniti tutti insieme.

Riattraversiamo la zona per tornare indietro a piazza Djemaa El Fna, dove per soli quattro dirham, si può bere una fantastica spremuta d’arancia espressa, fatta al momento dai proprietari di questi caratteristici carretti; la accompagniamo con un panino acquistato in un bar adiacente.

carretto arance

Prossima tappa, la parte nord della Medina, da cui accediamo attraverso il variopinto suk, per sbucare davanti a una vero gioiello: la Medersa (“scuola coranica”) di Ben Youssef, una delle poche del Marocco visitabili per noi occidentali.

Il chiostro centrale con la sua fontana trasmette un senso di pace surreale; i pannelli descrittivi sono solo in francese (sarà ahimè una costante nei monumenti che visiteremo), ma più o meno riusciamo a interpretarli.

Uscendo a sinistra, una breve camminata ci porta al museo di Marrakech, più che altro un ex hammam convertito in spazio espositivo; gradevole la musica arabeggiante di sottofondo che accompagna la visita.

Muovendoci ancora verso nord, veniamo colti da un improvviso acquazzone, veramente pazzesco: al termine almeno è passata la calura.

temporale improvviso

 

Qui ci si rende conto di come la Medina abbia una forma del tutto irregolare e uno sconcertante  intreccio di stradine, sviluppatesi nel tempo senza un vero piano regolatore.

Ai suoi margini visitiamo le concerie; sono quasi esterne, oltre che per il fetore, per la vicinanza all’ acqua (un minuscolo corso d’ acqua scorre a pochi passi); reduci dall’esperienza della visita delle concerie di Fes quattro mesi prima, accettiamo di buon grado il ramoscello di menta fresca che ci viene offerto all’ ingresso, visto che la puzza si rivela veramente forte, ben più di quelle di Fes.

Un ragazzo ci avvicina dicendo che parla un po’ di italiano, gli regaliamo qualche monetina e ci racconta come vengono colorate le stoffe e che tipo di sostanze si usano per impregnare le tele: ”Per il bianco ricorriamo al guano dei piccioni, per il marrone alla corteccia della mimosa…

 

Usciamo con un taxi dalla Porta Nord di Bab el Khemis e un taxi ci porta in città nuova alla scoperta dei fantastici Giardini Majorelle, acquistati nel 1980 dallo stilista Yves St. Laurent,  dove trascorse qui i suoi ultimi giorni.

È l’ attrazione più costosa di tutto il viaggio, ma in effetti ne vale assolutamente la pena; i giochi d’acqua e la vegetazione tropicale si mischiano sapientemente all’architettura arabeggiante degli edifici, circondati da cactus monumentali e bamboo fuori misura.



La tonalità del blu è predominante, tanto che i locali parlano del “blue majorelle” come tonalità specifica.

Verso il tramonto concentriamo le ultime energie  per la visita ai giardini delle Menara (da “Minzah”, padiglione e bella vista in arabo), gratuiti, un’immensa distesa di circa 100 ettari di palme (mi dicono 150 mila) e olivi, che circondano un laghetto quadrato al centro; sullo sfondo le cime ancora per poco innevate della catena montuosa dell’Atlante.

su dromedario nei giardini della menara

 

Ci concediamo mezz’ora di passeggiata sul cammello al tramonto per sei euro. Da parte mia avevo già fatto questa esperienza anni fa nell’oasi sahariana di Douz, in Tunisia, ma ho riaccompagnato volentieri Ivana in questa occasione, visto che per lei si è trattato della prima volta.

Un calesse (eh si proprio un calesse, volevamo provare proprio tutti i mezzi di trasporto oggi) ci porta a cena al ristorante Nid cigogne dove abbiamo il piacere di mangiare un delizioso pollo alle olive e un cous cous vegetariano davvero orgasmico; il tutto con vista sui nidi delle cicogne, a un tiro di schioppo da noi. Veramente fantastico. In tre abbiamo speso meno di nove euro a testa rimpinzandoci di brutto.  (FOTO RISTORANTE NIDO CICOGNE)

ristornate nido delle cicogne

Uno dei camerieri è un patito del calcio italiano e ci chiede notizie sul Campionato attuale e le varie classifiche, ma con noi purtroppo casca male perché il nostro interesse per la cosa direi che oscilla tra lo zero e il nulla cosmico; ci resta malissimo e ci saluta dicendo che la Juventus attuale non è più la stessa se paragonata a quella di Del Piero di alcuni anni fa.

Con una passeggiata digestiva torniamo verso il riad e appena arrivati ci mettiamo d’accordo col proprietario sulle due escursioni che tutti ci avevano consigliato: valle dell’Ourika, Kasbah e Ourzazate. Pascal è di origine francese: ci racconta che ha mandato a quel paese ex moglie e compagnia bella e dalla Francia è arrivato qui anni fa, comprando e rimettendo a posto l’ intera “baracca”.

Tra pochi giorni vi pubblicheremo il racconto di Marco Scagliarini su una nuova entusiasmante avventura. Sempre immersi nei sapori di questo angolo del Marocco.

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