Into the wild world, alla ricerca di sé stessi

Into The Wild world riccardo mei

In scena fino al 22 marzo al Teatro Lo Spazio, lo spettacolo di Riccardo Mei ci porta a riflettere sul tema: “Il mondo selvaggio è quello degli uomini”

Scritto, diretto ed interpretato da Riccardo Mei,  lo spettacolo “Into the wild world“, in scena al Teatro Lo Spazio fino al 22 marzo, porta lo spettatore, grazie a un viaggio multitematico, alla ricerca di sé e della natura selvaggia.

Al centro della pièce il tema del viaggio come scoperta sia attraverso la fantasia, con i libri per esempio, sia attraverso la fisicità. Alla domanda “Quanti di noi hanno fatto viaggi leggendo libri?”, la risposta è chiunque. Mei ci trascina in questo percorso citando con sentimento libri e autori come Jack London, Thoreau e Jon Krakauer.

Ispirato al film “Into the wild” di Sean Penn, lo spettacolo si apre riprendendo alcune scene del film che mostrano il protagonista, Christopher Mc Candless, e il difficile rapporto con il padre. Il ragazzo, nauseato dalla società del consumo, decide di partire per un viaggio solitario a contatto con la natura. “Basta! Niente più soffitti!” esclama bruciando gli ultimi contanti e tagliando la carta di credito.

Ci si tuffa così nelle due ore di spettacolo scandite da musica (con canzoni di Cat Stevens e Pearl Jam), cinema e letteratura. Riccardo Mei, somigliante per l’occasione a Eddie Vedder, si diverte a rompere il muro della quarta parete, soffermandosi a riflettere con il pubblico, cantando e suonando, mentre alle sue spalle vengono proiettati documentari e fotografie di paesaggi naturalistici.

Il testo, scritto per parlare di temi delicati (il rapporto genitori-figli, i falsi ideali della moderna società consumistica, i rapporti umani nel microcosmo e la ricerca di sé stessi…), punta a creare un’atmosfera amichevole e conviviale con il pubblico in platea. Non mancano l’umiltà e la semplicità, traspaiono sempre naturalezza e sincerità nel voler emozionare il pubblico e aiutarlo a ritrovare sé stesso.

Se tutto questo è un punto a favore dello spettacolo, dall’altra parte abbiamo troppa carne al fuoco. La miscela multimediale e multitematica tende a confondere, salta da un argomento all’altro senza alcun apparente filo logico. La sensazione è di assistere a uno spettacolo che si è provato poco: le persone presenti sul palco sembrano essere incerte sul da farsi. L’idea coinvolge ed è originale, pecca solo di organizzazione.

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In questo particolare viaggio teatrale è la musica a fare da coprotagonista. Riccardo Mei inserisce perfettamente i brani scelti alla fine di ogni parte narrata o recitata, come a voler chiudere un capitolo per iniziarne subito uno nuovo, capitoli di quei libri che lui ha scelto per fare insieme a noi un viaggio: un viaggio nella natura selvaggia, nei rapporti umani, nelle dinamiche padre-figlio e soprattutto un viaggio nella nostra anima alla ricerca dell’autenticità.

Accompagnato da Maurizio Loffredo alla chitarra, Cinzia Gizzi al pianoforte, Maurizio Meo al contrabbasso e Ivo Parlati alla batteria, Riccardo Mei interpreta con una voce dalle vibranti e difficilissime note basse e con variegati strumenti (sax, flauto, chitarra e ukulele) alcune canzoni scritte da Eddie Vedder come “Can’t Keep Me”, “Longing to Belong” e le bellissime “Society”, “Guaranteed”,” Hard Sun” e “No Ceiling” tratte dal film di Sean Penn “Into the Wild”; alcuni brani di Cat Steven “The Wind”, “Where do The Children Play”, “Wild World” e “Father and Son”, per chiudere lo spettacolo con una liberatoria e bellissima “Just Breathe” dei Pearl Jam.

Sul palco insieme a lui si è esibito un suo collega e amico, il primo di una serie di ospiti internazionali: l’attore e cantante italo-belga Paul Bernardini ha interpretato con la sua voce sottile, corposa e incantevole l’unico brano originale in scaletta “Mediterround” e la  nota “Imagine” di John Lennon, accompagnato dal sax dello stesso Mei.

Di Anastasia Angelini in collaborazione con Chiara Parisi

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