Siamo tutti buoni: grigio in scena al teatro dell’Orologio

siamo tutti buoni copertina

Al Teatro dell’Orologio va in scena dall’1 al 13 marzo “Siamo tutti buoni”, una commedia esilarante sul disagio giovanile diretta da Andrea Bizzarri.

Solo il grigio regna sovrano all’interno del garage abusivo, ad opera dello scenografo Sandro Ippolito, a cui si aggrappano i due extracomunitari, protagonisti della commedia in due atti “Siamo tutti buoni”.

Solo il grigio ha deciso di dipingere il drammaturgo e regista Andrea Bizzarri nell’anima di ogni personaggio alla ricerca di un amorfo futuro. “Siamo sottoterra, quindi siamo all’Inferno. O meglio, stiamo per andare all’Inferno” afferma il regista parlando dello scenario nel quale la vicenda prende vita e i personaggi tentano, a loro modo, di sopravvivere.

siamo tutti buoni

Elèna, interpretata da Alida Sacoor, romena sprovvista di permesso di soggiorno, si rifugia nell’angusto scantinato posseduto dal veniale Vittorio (dietro le quinte, il già noto in ambito teatrale Antonio Conte), gestore di un video poker che svela dal principio la propria dubbia moralità. Il suo sogno mutilato e violentato di rimanere in Italia viene osteggiato dalle pretese infantili di un amante, dai pregiudizi del sobborgo romano e, ovviamente, dalla propria cecità.

Ciò che le donerà il Bel Paese sarà una collezione di musica stridente, cibo mefitico e abiti da donna ricattata, lavoratrice sfruttata, madre derubata. Neanche l’arrivo dalla Romania del proprio uomo, Sebastian (a cui dà forma Matteo Montaperto), riuscirà a trascinarla fuori dal labirinto di compromessi, bugie e silenzi forzati, dalla prigione costruita dalla pochezza di Vittorio, del figlio Walter e di tutto il loro seguito di gracili scagnozzi dai variopinti e diversificati dialetti.

In un universo in cui il marcio si nasconde dietro le vesti dell’icona verginale, la giustizia sprofonda nel relativismo più becero.

In uno scenario in cui gli stereotipi muovono i fili dell’intera storia, l’empatia è un lusso che il pubblico fatica a permettersi.

siamo tutti buoniIl terrore per il diverso, il declino, la miseria appaiono come patrimonio genetico dell’umanità ed il risolino sommesso provocato da questa visione, a cui dà voce lo scambio serrato di battute, ci rende arroganti ma mai propositivi.

Per quanto risulti dolce tentare di danzare con i mostri che oggi ci schiaffeggiano più che mai (dal razzismo allo sfruttamento lavorativo e non), il caos vorticoso che ne consegue (il quale non sembra sempre voluto) fa riflettere ed aggrottare la fronte confusa diviene una prassi necessaria nel corso dello spettacolo.

E’ una magra consolazione comprendere che non esistano eroi né nemici; la tonalità di grigio globale fa male agli occhi e ci conduce esattamente nel punto in cui la nostra coscienza profetizzava di arrivare all’inizio della vicenda.

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