Come parlare di salute mentale? Una domanda complicata ma che può offrirci una serie di risposte interessanti. È quello che ha provato a fare Aicem Calabria, attraverso il progetto “Shaping Minds, Changing Lives”, vediamo come.
Come nasce “Shaping Minds, Changing Lives”
Abbiamo provato a fare chiarezza su alcuni aspetti della salute mentale. E per capirne qualcosa in più abbiamo chiesto alla dottoressa Giulia Bono, componente di Aicem Calabria (nonché psicologa e referente del progetto), com’è nato e come si è sviluppato “Shaping Minds, Changing Lives”.
Come internazionale è l’anima di Aicem, lo è anche quella di questo progetto, che nasce infatti grazie all’intuizione di Lison Bony, volontaria ESC francese in Calabria. Lison aveva già lavorato con associazioni che si occupavano della sensibilizzazione sul tema della salute mentale in Francia, per cui il suo obiettivo è stato cercare di capire quale sia la situazione in Italia in questo campo. E purtroppo questa non è rosea, né in Italia né in quell’Europa che si definisce all’avanguardia.
Addirittura nel Sud Italia si parla poco di salute mentale, farlo è spesso visto in malo modo e, ciliegina sulla torta, è spesso di difficile accesso.
La dott.ssa Bono ci spiega che “di fatto, i dati ci parlano di un grande disorientamento della popolazione di fronte alle questioni che ruotano attorno all’ambito della salute mentale, che, sommato alla carenza dei servizi pubblici ci restituisce come risultato un serio ritardo nell’approccio alla terapia e alla risoluzione del disagio”.
Come spezzare le catene dell’ignoranza
Il team di Aicem Calabria e Aicem Italia sono partiti proprio da questi punti fondamentali per mettere in piedi un progetto fortemente voluto e sentito. Tutto ciò partendo da una semplice domanda: “perché se ho mal di stomaco so a quale specialista rivolgermi ma se ho male all’anima, pur sapendo a chi chiedere aiuto, mi intestardisco a non farlo?”.
Questo perché, nel 2024, nonostante ci definiamo all’avanguardia, più aperti, più acculturati, abbiamo ancora paura di parlare dei “problemi mentali”. Una parola che si porta dietro uno stigma ancora pesante, difficile da mandare via.
Uno stigma frutto di ignoranza, che genera a sua volta paura. E allora come spezzare la catena? Parlandone, ovviamente.
E così, a fine aprile, un gruppo di persone si ritrova presso l’agriturismo Pirapora a Zambrone, in Calabria, a parlare di salute mentale attraverso l’educazione non formale. Un modo probabilmente inusuale di trattare un tema tanto delicato eppure, forse, il più consono.
Proprio perché non si si è trattato di una paternale fatta da chi si pone su un piedistallo. Ma è stato un incontro alla pari.
Quando “la forza è nel gruppo”
Un incontro di persone diverse, ognuna con la propria storia, le proprie ferite invisibili, le difese innalzate tanto da sembrare impenetrabili, la propria esperienza e percezione sul tema, poi condivisa.
Secondo la dottoressa Bono: “la composizione del gruppo è stata la ciliegina sulla torta: eterogeneo e fatto di persone da cui è e continua a trasparire una sentita dedizione, che è alla base di tutte le cose fatte con presenza”.
Nulla è stato lasciato al caso. Dal luogo, immerso nella natura a tal punto che la ricezione telefonica era quasi nulla, per non avere distrazioni. Dalle sessioni condotte da Giulia e da Naomi, le psicologhe della squadra.
Grazie al loro lavoro professionale, ma mai accademico, i partecipanti di Shaping Minds, Changing Lives hanno imparato a dare voce alle proprie emozioni, a capire qualcosa di sé che magari non gli era proprio chiara, a mettere dei limiti o a toglierli. A capire la percezione di sé stessi e degli altri.
L’importanza del “Fare Rete”
Un punto di forza di Aicem, come di tante altre associazioni, sta forse proprio nell’aver compreso la centralità di “fare rete”.
Fra le tante azioni che possiamo compiere quando “abbiamo male all’anima”, oltre a rivolgerci a un professionista possiamo infatti attivare la nostra rete. Rivolgerci a chi ci ispira fiducia. Quella rete che ci salva quando cadiamo giù, composta dai nostri affetti, amici, colleghi, compagni di squadra.
Quella stessa rete che Aicem Calabria ha attivato, seppur con motivi diversi, per rendere il progetto Shaping Minds, Changing Lives ancor più ricco e colorato. Per dare profondità e sfumature che solitamente non riusciamo a vedere.
E la rete di associazioni ha risposto.
L’associazione Laboart di Tropea ha partecipato all’intera durata del progetto, guidando anche una sessione delle attività, per esprimere il nostro io più profondo, insieme ai ragazzi che frequentano i loro corsi di teatro.
Anche l’associazione culturale Le tarme, di Brattirò ha condotto una sessione di meditazione attraverso suoni e rumori per imparare ad ascoltare corpo e mente, cosa che facciamo molto poco.
Infine, da un luogo ameno e naturale ad un altro, il gruppo ha traslocato per qualche ora presso l’apiario “I Giardini di Aristeo” per prendere parte ad un’altra sessione di meditazione condotta da Patrizia, anche lei dell’associazione.
Salute mentale. L’occhio dell’esperta
La dott.ssa Bono, contemporaneamente partecipante e “conduttrice” delle attività, ci ha raccontato come lei ha vissuto questo progetto: “questo aspetto è quello che più mi emoziona di tutta l’esperienza: l’urgenza viva degli operatori e dei partecipanti, la sete, la necessità di condividersi con gli altri, di sentirsi vulnerabili insieme e di urlare che va bene”.
E qui, l’educazione non formale (metodologia tipica dei progetti in collaborazione con la Youth Foudation) ci dimostra ancora una volta quanto sia fondamentale che entrambe le parti imparino: formato e formatore.
“Condurre le attività del training è stato arricchente”, continua la dottoressa. “Quello della sensibilizzazione è un tema che mi sta particolarmente a cuore e vedere realizzarsi fattivamente un progetto che fino a un istante prima era banale inchiostro nero su carta, mi ha gratificata come professionista e fatta sentire parte di un tutto più grande”.
A piccoli passi…
Infine, le chiediamo se secondo lei il progetto abbia raggiunto gli obiettivi che si era prefissato. “Il progetto ha rappresentato, in piccola scala, l’emergenza oggettiva che la popolazione manifesta”, risponde. “I partecipanti sono stati il nostro piccolo campione sensibilizzato. L’obiettivo a breve termine è stato quindi raggiunto. Serve tempo perché il cambiamento raggiunga la più ampia scala e noi siamo qui a continuare a lavorare affinché questi strumenti possano essere alla portata di sempre più persone”.
Insomma, un po’ come un terremoto di cui “Shaping Minds, Changing Lives” vuole essere l’epicentro. Man mano che l’onda della sensibilizzazione si espanderà, i risultati inizieranno ad arrivare.
Il progetto non è infatti (totalmente) terminato. I partecipanti, da veri e propri ambasciatori, hanno portato avanti tante altre attività legate alla salute mentale. Ad esempio, si è cercato di capire che impatto abbiano su di noi le fake news, sempre più diffuse. O ancora, è stato realizzato un laboratorio per bambini a tema “Colori ed Emozioni”.