A Tor Sapienza periferia di Roma, un centro per immigrati scatena le proteste dei cittadini. Reazione opposta a Camaro, Messina, dove gli italiani si oppongono alla chiusura di una casa accoglienza.
E’ l’11 novembre, siamo a Tor Sapienza, un quartiere periferico di Roma, i residenti scendono in strada per protestare contro il centro di accoglienza che ospita 60 giovani immigrati. Ma la protesta assume toni forti, circa 200 persone che animano una rivolta urbana contro il centro d’accoglienza di zona. I cittadini, capitanati da alcuni estremisti, lamentano scippi, furti, aggressioni fino a vere e proprie molestie di cui sarebbe rimasta vittima una ragazza in un parco. Non viene più tollerata la presenza di quell’edificio in viale Giorgio Morandi, all’interno del quale sono ospitati 60 rifugiati nigeriani, secondo gli abitanti, responsabili degli ultimi episodi di cronaca nel quartiere. Un malcontento che covava da mesi, una rabbia per quel centro che ha, a detta dei cittadini, peggiorato una situazione già al limite della sopportazione per la mancanza dei servizi in un quartiere che conta bel 16.000 abitanti, ed è bastato poco, pochissimo, per far degenerare la rivolta. Una rivolta documentata negli ultimi giorni da tutti gli organi informazione, con conseguente scambio di accuse tra parti politiche, mentre l’amministrazione della Capitale si è fatta vedere troppo tardi.


Anche qui la risposta sembra sempre essere quella più scontata, quella più ovvia: l’intervento del terzo settore. Il centro di Messina infatti è gestito da una grande organizzazione no profit, Ai.Bi. Amici dei Bambini, che lavora da anni per portare lo spirito dell’accoglienza, supporta le famiglie nella comprensione e cerca strade per l’affido e l’adozione. E’ attenta alle esigenze di chi arriva e cerca una casa, una vita migliore ma è ancora più attenta a preparare e a raccogliere i bisogni di chi prova ad aprire le sue porte. Il centro di Roma invece si colloca in un quartiere dove sono già concentrati diversi accampamenti rom. L’amministrazione da poche o nessuna risposta e dove manca la politica, i cittadini si sentono abbandonati, inascoltati e la disperazione diventa rabbia, si fa largo l’intolleranza e gli animi si accendono.
Il lavoro delle organizzazioni del terzo settore si colloca esattamente a metà tra l’amministrazione che eroga i servizi e deve gestire l’emergenza e la cittadinanza che ne subisce gli effetti. Agisce da tampone, mantiene la coesione sociale del territorio, fornisce risposte ai bisogni, genera legami. Queste storie ci confermano quanto l’intervento delle organizzazioni della società civile sono centrali nel buon esito della convivenza, della serenità e dell’integrazione dei territori.In alcune aree sono proprio le associazioni del territorio che riescono a dare quelle risposte che l’amministrazione non solo non può ma non sa dare.

