Crescenza Guarnieri: Niente, più niente al mondo

crescenza guarnieri

Nell’opera teatrale di Nicola Pistoia, ospitata al “Piccolo Eliseo” dal 2 al 13 dicembre, Crescenza Guarnieri lascia esplodere l’elogio alla disperazione nella prigione operaia torinese.

a cura di Eleonora Santamaria

Tanto folle da violentare la realtà, tanto vera da scavarci dall’interno; la vicenda realmente avvenuta nel 2003, narrata dall’attrice Crescenza Guarnieri, ci avvolge in un’atmosfera surreale tristemente familiare.

Pur non essendo l’unico riadattamento del libro di Massimo Carlotto che, prima di Nicola Pistoia, aveva affascinato Assemblea Teatro e Francesco Migliaccio, la regia del monologo teatrale “Niente, più niente al mondo” conquista la completa attenzione degli spettatori.
L’intimo “Piccolo Eliseo” ha ospitato dal 2 al 13 Dicembre tale intensa rappresentazione il cui fulcro si legge nel capo chino di una donna disillusa.

La truce bellezza di questo personaggio femminile traspare ancor prima che l’attrice cambi cadenza e indossi gli abiti scrausi della protagonista sconfitta ed alcolizzata.
Circondata dagli entusiasti studenti dell’Accademia “Acting”, Crescenza Guarnieri tratteggia con sacralità la vita che andrà ad interpretare, sottolinea quanto non si accinga a recitare ma ad essere e quanto una parte di ogni personaggio teatrale ci appartenga.

Mentre già brilla sul palcoscenico, da lei definito come “casa di tutto ciò che voglio essere”, lascia intendere la fatica e l’intensità di divenire veicolo di drammi ed emozioni altrui.
Dopo aver infuso negli animi degli auditori rapimento e curiosità, fugge a prepararsi per lo spettacolo, lasciando agli spettatori le sue reti, il suo paracadute ed il ritornello della canzone “il cielo in una stanza” di Gino Paoli, da cui è ironicamente tratto il titolo dell’opera.

Seduti sulle poltroncine del Piccolo Eliseo, quasi si vuol chiedere scusa per la poca discrezione nello spiare una donna calpestata da un’asfissiante mediocrità, alle prese con privazioni, scontrini, ed esistenze da discount.

Per un’ora, da sola, Crescenza Guarnieri si spoglia di tutto ciò che non sia la scadente sottoveste della protagonista; inerme, in un tempo che non ha scelto e in un quartiere torinese dal quale non vi è speranza di fuga, sputa con eleganza la propria solitudine sulla società, sul pubblico. La figura evanescente del marito Arturo e della “bambina”,lontana da ogni desiderio di riscatto, appaiono in scena grazie agli occhi persi della donna che rivendica a voce alta risposte ed amore, invano.

Respirando l’eterno ritorno, il grigiore di un giorno gemello del precedente e del successivo, nulla rende prevedibile la tragedia che si è consumata in sordina nell’altra stanza, in cui, dal principio, giace esanime la figlia della moderna Medea. Il diario dell’adolescente è tutto ciò che rimane di lei e di ciò che sarebbe potuto essere, eppure, la madre, vittima e carnefice, dipinge l’efferato omicidio con i colori di una follia giustificata, di una matematica conseguenza della desolazione.

Una standing ovation corona l’intera serata, resa ancor più piena dalla commozione e dalla meraviglia che adornano lo sguardo della donna sotto i riflettori, amata, odiata, ormai scagionata da ogni colpa.

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