Due ragazze, un progetto impossibile e l’idea che potrebbe salvare tante vite.
Si chiama Hövding, il risultato di un processo di intensa ricerca e sviluppo iniziato nel 2005 come tesi di laurea delle due fondatrici Anna Haupt e Terese Alstin, che, all’epoca, stavano studiando Disegno Industriale presso l’Università di Lund, in Svezia.
Nel corso degli anni l’azienda ha sviluppato un know-how unico nella tecnologia airbag.
Il lavoro di sviluppo attorno Hövding ha portato a una serie di soluzioni brevettate a livello globale.
L’airbag è concepito come un cappuccio realizzato con tessuto di nylon resistete ad urti e strappi, permettendo al ciclista di protegge quasi tutta la testa, lasciando il campo visivo aperto.
L’airbag gonfiato copre un’area molto più grande di un casco tradizionale assicurando maggiore protezione, grazie anche ad una pressione costante per alcuni secondi dopo l’urto per poi iniziare lentamente a sgonfiarsi.
Alla base di tutto vi è un algoritmo in grado di distinguere l’andamento normale di una bicicletta e di intervenire solo qualora si manifesti una reale situazione di pericolo. Per caricarlo basta un comunissimo cavo USB da collegare all’airbag quando scarico, assicurando un’autonomia di 18 ore.
Che dire? Una bella idea, un’ottima idea, speriamo che per davvero una volta in commercio riuscirà quantomeno a dimezzare la triste statistica, che almeno in Italia, ogni anno ACI ed Istat ci riservano.

