Città fantasma, Jesù e Tommy Lee Jones. Cannes, cronache in esterna

Gita domenicale in una città fantasma, ritrovarsi a parlare di Cannes con Jesù e riflettere sulla carriera da regista di Tommy Lee Jones.

Lo so, la domenica non sono molto graffiante. Da un po’ di tempo la domenica abbandono il divano per andare a scarpinare nelle città fantasma nei dintorni di Roma.

Per avere un attimo di tranquillità pura, non c’è niente di meglio che visitare una città abbandonata e aggirarsi come fantasmi per le strade dissestate, entrare nelle case disabitate e immaginare il futuro di distruzione che ci aspetta tutti dietro l’angolo. Fine del messaggio apocalittico, chè non voto 5 stelle e non ci penso nemmeno sotto tortura.

Ieri a scarpinare con me c’era il mio amico Jesù. Il mio amico Jesù è un uomo pio e molto magro ma soprattutto un grosso cinefilo, molto diverso dal mio amico Dottò. Jesù infatti è un selezionatore e un catalogatore e non solo di film. Guarda soltanto quello che gli interessa davvero. In più parla poco, solo se c’è veramente bisogno, il che al giorno d’oggi è una qualità rara. Questa sua qualità mi costringe sempre a dover parlare per tutt’e due. Ecco un estratto di un dialogo tenuto tra le rovine di Rocchettine, in Sabina. Il mormorio è una caratteristica del dialogo col mio amico Jesù.

-Stai seguendo Cannes?-

-Mmm sì-

-Che te ne pare?-

-Mmm-

-Hai visto Alabama Monroe? Che te pare?-

-Mmm, buono ma non capolavoro. Mmm-

-Senti un po’, quali film ti interessano di Cannes?-

-Mmm-

-E il film di Abel Ferrara? Welcome to New York…-

E così via. Di solito a questo punto parliamo di edizioni speciali di cofanetti musicali che non compreremo e di cose altamente futili come Miley Cirrus .

Ma ieri, mentre mangiavo un panino tra le mura dissestate di una casa dell’XII secolo mi sovviene il pensiero di Tommy Lee Jones che dirige The Homesman un western al femminile con l’attrice di Million Dollar Baby, in concorso a Cannes. Gli attori che passano alla regia spesso sono come gli ex calciatori che diventano allenatori, a volte qualcuno è veramente bravo, ma la maggior parte di loro rimane ad allenare squadrette di terza categoria. Ecco Tommy Lee invece mi è sembrato sempre un Clint Eastwood minore. O meglio uno di quelli che per tutta la vita ha provato a fare come Clint, ma senza riuscirci mai. Film buoni, ma che svanivano nel nulla dell’oblio, conclusi i titoli di coda. Ecco cosa pensavo, mentre la passerella della Bellucci, mio sogno erotico dei primi ’90, calamitava su di sé ogni attenzione festivaliera e mi lasciava felice a contemplare il panorama oltre le rovine, con Jesù a fianco.

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