Le vittime di tortura e la crudeltà dei carnefici

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Oggi 26 Giugno, si celebra la Giornata Internazionale di supporto alle vittime di tortura. Migliaia le iniziative e le manifestazioni che portano a riflettere sull’inconsapevolezza riguardo a questo tema.

Fu l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 12 Dicembre 1997, a istituire la Giornata Internazionale di supporto alle vittime di tortura. La scelta della data non è però casuale; infatti proprio il 26 Giugno del 1984 è entrata in vigore la convenzione contro la tortura, a cui ad oggi hanno aderito 157 paesi. Dal 1981 è attivo il Fondo volontario delle Nazione Unite per le vittime di tortura, istituito dall’Assemblea generale presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, mentre dal 1996 il Consiglio italiano per i rifugiati è impegnato in progetto di accoglienza e cura delle vittime di tortura.

Di fronte a un atto così degradante per la dignità fisica e intellettuale umana, sorge spontaneo chiedersi quali politiche stiano realmente attuando i diversi governi per arginare un fenomeno che purtroppo è molto presente in quei paesi del Sud del mondo con serie difficoltà economiche, a volte acuite da contesti politici dittatoriali o da paesaggi di guerra civile, ma non è del tutto estraneo alle società capitalistiche e fortemente tecnologizzate.stop alla tortura

Per citare un esempio, Amnesty International Italia invita ancora una volta il parlamento a fare in modo che il governo italiano introduca nel proprio codice penale una normativa che preveda e punisca adeguatamente il reato di tortura, ad esattamente un anno di distanza dalla raccolta di firme di oltre 20 associazioni pronte a sostenere questa causa. Il presidente dell’ente italiano Antonio Marchesi ha dichiarato che “dopo quattro legislature non può trascorrerne ancora un’altra senza il reato di tortura”. Inoltre dal lancio della campagna “Stop alla tortura“, il 13 maggio 2014, Amnesty International ha pubblicato rapporti su Filippine, Marocco, Messico, Nigeria e Uzbekistan, paesi in cui la tortura è praticata frequentemente, oltre ad aver denunciato negli ultimi 5 anni 141 casi di maltrattamenti. In questa giornata internazionale i sostenitori e gli attivisti si apprestano in oltre 55 paesi a svolgere iniziative pubbliche, eventi e raccolte di firme.giornata internazionale

Si focalizza per un attimo l’attenzione nello specifico su uno dei paesi nominati precedentemente, il Messico, protagonista di una storia controversa sulla tortura e sulle tecniche usate ancora oggi, interamente documentata da Amnesty International. Nonostante si sia ratificata la convenzione delle Nazioni Unite e dal 1991 sia in vigore una legge federale per prevenire e punire la tortura, che costituisce reato nei 32 stati del paese, le testimonianze dimostrano come le leggi siano poco efficaci e largamente ignorate.

Tra il 2000 e il 2013 la Commissione nazionale per i diritti umani ha ricevuto oltre 7000 denunce da parte di vittime di tortura, di cui pochissime hanno dato seguito a procedimenti legali. Tra le tecniche di tortura “in voga”  si ricordano l’obbligo di rimanere in posizioni dolorose, le scariche elettriche, le minacce di morte nei confronti del detenuto e dei familiari insieme alle minacce di sparizione, l’introduzione di peperoncino nelle narici, oltre a vari pestaggi e seviziamenti. Questo tipo di violenza sistematica è adoperata non solo con persone sospettate di reati comuni, ma anche con individui poveri e appartenenti a comunità emarginate. manifestazione contro la tortura

Altro contesto poi è quello delle vittime di tortura riguardanti scontri di religione ma anche di opposte civiltà. Il dilagante fenomeno dell’ ISIS, che si ispira ad un esagerato fondamentalismo islamico e al messaggio di distruzione delle società occidentali, ad oggi si impone con la stessa violenza di cui si fanno promotori i militanti attraverso i media e la pubblica opinione, lasciando sconvolti per gli atroci metodi usati. Un caso esemplare è quello di Bozan, un quindicenne di Kobane intervistato in Turchia, al confine con la Siria. Il ragazzo racconta di essere stato catturato e insieme ad altri minori rinchiuso in una scuola. “Ci picchiavano spesso, ci hanno trattato come animali. Insieme all’elettroshock ci hanno mostrato video di decapitazioni e di come venivano tagliate le mani”.

Queste parole esprimono tutta la difficoltà delle vittime di tortura di tutelarsi in paesi in cui la legislatura sopravvive come entità astratta e noncurante e lascia spazio al dilagare della “giustizia fai da te“. In una società in cui gli oppressi e le vittime senza diritto di replica risultano fin troppe e i carnefici, che praticano la tortura come un giusto strumento da utilizzare contro oppositori politici o  persone appartenenti a differenti gruppi etnici, volontariamente ignorano quanto siano psicologicamente e fisicamente devastanti le conseguenze delle loro azioni, si prefigura un ritratto del mondo senza redenzione, in cui è sempre più difficile estirpare il male alla radice.

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