16 aprile 1889: nasce Charlie Chaplin

Charlie chaplin

È suo il primo Oscar alla carriera della storia. Charlie Chaplin resiste al sonoro finché può ma rivoluziona il cinema muto. Non chiederà mai la cittadinanza americana e sceglierà con cura i propri nemici, sempre potentissimi.

È il più giovane regista a ricevere l’Oscar alla carriera, nel 1929, a 40 anni, ma non vincerà mai quello per la regia. Non gira un film sonoro fino al 1940 perché convinto che le parole distruggano la magia del cinema. Ma nel 1923, quando i film sono ancora immancabilmente muti, con La donna di Parigi, interpretato dalla sua compagna di allora Edna Purviance, Charlie Chaplin ha un’intuizione che cambia la Storia: fa recitare gli attori come se il film fosse parlato. Niente più espressioni esagerate, gesti enfatici, uomini accigliatissimi né donne che svengono o si mettono il polso sulla fronte. Al loro posto, una recitazione misurata e naturale. Ad amplificarla, ci pensa la cinepresa. Quando, dopo il proprio passaggio, le cose non sono più come prima, si è dei geni.

Charles Spencer Chaplin, nato a Walworth nel quartiere londinese di East Lane il 16 aprile 1889, cresce in assoluta miseria con la madre Hannah Harriet Hill, cantante di varietà gravemente malata di nervi, ed il fratellastro Sydney, suo futuro agente. Fin da ragazzo si fa apprezzare come comico. Il suo forte è “fare l’ubriaco”. Probabilmente, nei suoi esilaranti barcollamenti e capitomboli, lo aiutano, riposte nella memoria, le lontane immagini del padre, Charles senior, ucciso dalla cirrosi epatica a 37 anni. Sbarca a New York nell’ottobre 1910 con la compagnia teatrale di Fred Karno (nella stessa compagnia c’è anche un altro giovane di belle speranze, Arthur Stanley Jefferson. Anche lui si stabilirà in America, prendendo il nome d’arte di Stan Laurel).

Charlie Chaplin entra nel mondo del cinema per caso (o meglio, per soldi), nel 1913, quando l’invenzione dei fratelli Lumière non ha ancora vent’anni, scritturato da uno dei pionieri del muto, il produttore canadese Mack Sennett. Al secondo film, Kid Auto Races at Venice, nel febbraio 1914, inventa il personaggio del Vagabondo (“the Tramp”): scarpe enormi, bastoncino, bombetta, vestiti logori e, soprattutto, i baffetti quadrati, che lo invecchiano senza limitare l’espressività del volto. E che lo renderanno, questo ancora non può saperlo, la nemesi perfetta di Adolf Hitler, nato solo 4 giorni dopo di lui.

Charlie ChaplinIn pochissimo tempo, da attore spaesato, Charlie Chaplin si trasforma in regista e sceneggiatore. Il 17 aprile 1919 diventa produttore di se stesso, fondando la United Artists, insieme a David W. Griffith, Mary Pickford, Douglas Fairbanks e Thomas Ince. La guerra con le grandi compagnie della primissima generazione di Hollywood è assicurata.

In mano a Charlie Chaplin lo slapstick, le scenette a base di inseguimenti, torte in faccia, calci nel sedere, si trasforma in satira sociale e politica. Sempre più spesso, a prendere pedate nel di dietro o a trovarsi la faccia piena di panna montata sono ricconi col sigaro in bocca, gran dame presuntuose e, soprattutto, poliziotti. Nell’America che inizia ad accusare il nervo scoperto dell’estremismo politico, in cui ufficialmente non si è ancora chiusa l’epoca del banditismo incontrollato nel West e sta per aprirsi quella del gangsterismo, il neonato Federal Bureau of Investigation inizia a guardare questi film con sospetto, in particolare un giovane ufficiale di nome J. Edgar Hoover.

Negli anni ’20, il decennio del benessere incosciente e forsennato, della velocità, del Charleston, dello sperpero e della spensieratezza a tutti i costi, Chaplin racconta implacabilmente la miseria, la fame e la disperazione, che possono essere vinte soltanto con la riscoperta dei valori umani. Il suo primo vero film è Il monello (1921). Charlie attinge a piene mani dai ricordi della sua misera infanzia, dirigendo il bambino prodigio Jackie Coogan (che, circa 40 anni dopo, da adulto, riconquisterà la notorietà come Zio Fester nel telefilm La famiglia Addams).

La febbre dell’oro (1925) mette in scena, in chiave comica, una delle pagine “sacre” della storia americana: la corsa all’oro, appunto. Le celeberrime sequenze della scarpa mangiata con coltello e forchetta e del pollo gigante ironizzano sull’atroce vicenda dei componenti della spedizione Donner, bloccati dalla neve nella Sierra Nevada nel 1846, costretti al cannibalismo per sopravvivere. La censura scalpita.

Tutti i suoi film fino alla metà degli anni ’30 rimangono orgogliosamente muti. Nel 1936, Charlie concede la musica. Nella Grande Depressione degli anni ’30, con Tempi moderni, insieme alla sua musa del tempo, Paulette Goddard, affonda il coltello nella piaga della crisi economica, mettendo sotto accusa i meccanismi di produzione e, in controluce, l’industria bellica.

Nel 1940 il mondo è sull’orlo del disastro. I produttori chiedono storie che non facciano pensare alla guerra. Infatti arriva Il Grande Dittatore, tra l’altro sua prima opera sonora. Sydney, di padre ebreo, è contrarissimo al progetto. Durante la lavorazione, arriva più volte da Washington e dall’ambasciata sovietica la richiesta di non esagerare, nel timore che, dalle parti di Berlino, l’oggetto della presa in giro possa innervosirsi ulteriormente.

La guerra finisce. Il pubblico, che nel ’40 aveva bisogno di essere rassicurato e aiutato a distrarsi, ora andrebbe incoraggiato ed esortato ad avere fiducia. Dunque ecco Monsieur Verdoux (da un soggetto di Orson Welles, con il quale litigherà furiosamente): la storia di un uomo d’affari rovinato che, per continuare a mantenere la propria famiglia, si trasforma in serial killer. Prima di salire sul patibolo, dichiarerà che i suoi delitti sono ben poca cosa in confronto alle atrocità e ai milioni di vittime causati dai governi (è il 1947, ormai comandano solo quelli che hanno vinto la guerra).

Il testamento artistico è Luci della ribalta (1952), l’ultimo girato in America, prima che il vecchio nemico Hoover  ed il nuovo nemico McCarthy riescano finalmente a farlo cacciare (non ha mai chiesto la cittadinanza americana), utilizzando anche le sue controversie con il fisco e la sua vita privata estremamente tumultuosa. Nel film, affiancato da Claire Bloom e dall’amico-rivale Buster Keaton, Charlie dà corpo ad un’ossessione che l’ha accompagnato per tutta la carriera: il terrore per la volubilità dei gusti del pubblico.

charlie chaplin luci della ribalta

Nel 1957, “rifugiato” in Svizzera da anni, con la commedia Un Re a New York, si “vendica” facendosi beffe del maccartismo, con la storia di un sovrano europeo in esilio in America che finisce per essere accusato di comunismo.

L’ultimo film, l’unico a colori, La contessa di Hong Kong (1967), con Sophia Loren e Marlon Brando, è decisamente trascurabile. Misteri della genialità, lui lo considera il suo film migliore. Probabilmente perché basato su una sua sceneggiatura scritta trent’anni prima.

Prima di spegnersi nella sua villa sul Lago di Lugano, la mattina di Natale del 1977, Charlie, insieme alla moglie Oona O’Neill, che gli ha dato finalmente la serenità (e otto figli), farà ritorno in America e si riconcilierà con la sua terra d’adozione. Riceve un Oscar onorario nel 1972, “per l’incalcolabile tributo dato alla trasformazione del cinema nell’arte del nostro secolo”. Incredibilmente, ne vince un altro nel 1973, per la prima volta da candidato in lizza, per la colonna sonora di Luci della ribalta, insieme ai co-autori Raymond Rasch e Larry Russel. La candidatura di un film di vent’anni prima è resa possibile grazie a un cavillo: Luci della ribalta è stato distribuito nei cinema della California solo nel 1972. Verosimilmente l’Academy, pressata dal senso di colpa, si era messa in cerca di un escamotage.

La parabola artistica di Charlie Chaplin può essere riassunta con le parole con cui, nella sua autobiografia, racconta di aver presentato il Vagabondo al riluttante Mack Sennett: “Questo è un individuo multiforme, un vagabondo, un gentiluomo, un poeta, un sognatore, un uomo solitario, sempre in cerca di nuove avventure. Vorrebbe farvi credere che è uno scienziato, un musicista, un duca, un giocatore di polo. Però non disdegna di raccattare cicche o di rubare una caramella a un bambino. E, naturalmente, se l’occasione lo giustifica, sarà anche capace di prendere una signora a calci nel di dietro: ma solo in casi estremi!”.

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