Empowerment, ascolto, coraggio e collaborazione: queste alcune delle capacità che dovrebbe adottare la leadership del Terzo Settore di domani per abbandonare la strada battuta e calarsi in un’ottica futura.
‘’Non è cane, non è lupo.. Sa soltanto quello che non è’’. È con questa citazione cartoonesca che si può riassumere il Terzo Settore, un calderone di realtà mix e match, di carattere privato e senza scopo di lucro, con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Proprio grazie alle sue finalità e alla sua stretta connessione con il territorio, il Terzo Settore si propone come grande risorsa in continuo divenire.
Nasce da questo la necessità di personalità ai vertici che sappiano discostarsi da un assetto puramente manageriale per adottare uno stile di leadership orientato al cambiamento e alla trasmissione orizzontale dei valori comuni.
Con questo articolo vi vogliamo proporre le dieci cose da evitare per un leadership meno manageriale e più consapevole.
1. Non pensare a scatola stagna.
Per anni le personalità e gli enti del terzo settore hanno lavorato per l’affermazione della singola associazione. Guidate da stili di leadership ‘’muscolare’’, le associazioni del terzo settore sono cresciute negli anni misurando dimensioni e rendiconto.
A quest’ottica è utile contrapporre la figura di un leader con una visione comunitaria che riesca a ricondurre l’associazione a una finalità di interesse generale.
2. Occhio al territorio.
Più che le dimensioni, la finalità e l’utente dovrebbero essere i focus centrali nell’azione delle associazioni.
Proprio per questo, nella ricerca di una vision, un leader consapevole dovrebbe metter le mani in pasta, calarsi nel contesto e basare la propria azione sul territorio e le sue esigenze. Due tasselli fondamentali: ascoltare e concretizzare.
3. Il tuo vicino.. il tuo migliore amico.
Chiamati negli anni a una crescente produttività, si è insinuata in sordina tra gli enti del terzo settore una spinta alla competizione.
Figlia di una visione aziendale, il leader consapevole dovrebbe abbandonarla e orientare lo sguardo verso la collaborazione come campo di apprendimento e crescita tra gli enti e fare del networking una risorsa su cui contare.
4. Da piramide a cerchio.
Avere un’organizzazione facilita le cose, è innegabile.. ma quanto è attuale basarsi su un’organizzazione di tipo gerarchico? Abbandonare i sistemi rigidi e abbracciare una organizzazione di tipo orizzontale permette una condivisione circolare di potere e responsabilità all’interno dell’ente.
Presupposto per la realizzazione: una comunicazione efficace basata sulla trasmissione e condivisione della vision. Ed è proprio qui che entra in gioco la leadership, spogliata di uno stile meramente manageriale e vestita della capacità di ispirare e attivare le persone.
5. Ascolto.
Diciamocelo, impartire ordini non è più di moda.
Alla figura del manager esigente, focalizzato sull’obiettivo e poco empatico, si frappone la figura del leader empowered ed empowering che fa dell’intelligenza emotiva, dell’ascolto attivo e dell’empowerment le basi per la crescita e la valorizzazione delle persone, fondamentali per il settore.
6. Guarda oltre ai tuoi piedi.
Guardare a misura d’uomo, una spanna davanti ai propri piedi, potrebbe sembrare la soluzione ideale nel breve termine. Focalizzarsi sull’oggi è stato da tempo il leitmotiv per chi sta ai vertici degli enti.
Al mantenimento dello status quo, tipico di figure manageriali di questi anni, si contrappone lo sguardo orientato al futuro del leader, capace di vedere oltre il quotidiano e stimolare momenti di confronto generativo tra le persone.
7. Il vero propulsore del terzo settore: le persone e la loro valorizzazione.
Con la centralizzazione del potere ai vertici, tipica dei sistemi di tipo gerarchico, si è assistito anche a una chiusura nella condivisione delle competenze. Attraverso una trasmissione circolare di queste ultime, delle informazioni e dei valori, promossa dal leader, non si assiste solamente a un fenomeno di empowerment e ascolto attivo della persona ma si dà realmente peso alle fondamenta del terzo settore: i volontari.
Sostenuti da professionalità sempre più necessarie all’interno del terzo settore, sono i volontari il vero propulsore di quest’ultimo ed è responsabilità di un leader consapevole ispirare e fornirgli gli strumenti necessari a seguire una vision comune.
8. Controllo e fiducia: due facce opposte.
E se invece di tirare le fila si desse fiducia?!
Allontanarsi dall’idea del manager burattinaio, chiuso nella propria dimensione controllatrice, per avvicinarsi in maniera attiva a un clima di fiducia, in cui lo stimolo generativo al confronto e alla ricerca delle risorse interne ed esterne alle persone ne fanno da capisaldi.
Un clima di fiducia, stimola le persone ad essere parte attiva del contesto, a una trasmissione testimoniata della vision comunitaria e incoraggia ad uno sguardo positivo al futuro, capace di coinvolgere nuove generazioni di volontari.
9. Amplia la tua rete.
Opposto al clima di chiusura e riservatezza, si pone il leader capace di creare connessioni. Il network risulterà così utile non solo alla crescita delle associazioni ma fornirà strumenti efficaci alla crescita di ognuno dei membri.
10. Come il filo di Arianna.
Non è sempre facile saltare nel vuoto ma è un atto di coraggio che una leadership di Terzo Settore consapevole deve saper affrontare se vuole portare un cambiamento.
Il terzo settore è un ambiente dinamico che richiede grandi capacità di resilienza.
Come intuito sopra, un modello statico di leadership nel Terzo Settore non risulta efficace in questo contesto. Come per Arianna nel labirinto del Minotauro, un leader consapevole sa guardare al futuro senza aver paura dell’errore e trovare nuove soluzioni avvalendosi dell’ascolto attivo delle persone, sempre con un occhio puntato al territorio.