Il bullismo è forse il fenomeno del quale si sente parlare più spesso fra i giovani. Cyberbullismo, bullismo fisico o psicologico: secondo l’Istat almeno un adolescente su due ne è stato vittima.
Sul tema, giovedì 2 novembre è stato proiettato per la prima volta al Maxxi “Bob and Weave”. Il cortometraggio vede tra i protagonisti Bianca Guaccero e Alessandro Benvenuti.
Il corto Bob and Weave è parte del progetto Bulli Free Club promosso da CIAO LAB, OPES aps, UNVS e Aicem e finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Diretta da Gianni Quinto e Adelmo Togliani, la pellicola tratta proprio di bullismo, cercando però di farlo in un modo diverso rispetto a quanto si possa pensare.
Il corto
L’attenzione del film si concentra soprattutto sulla redenzione del bullo e sull’importanza dello sport. In Bob and Weave si mettono infatti in evidenza le regole ferree del pugilato: una disciplina apparentemente violenta ma in realtà ricca di norme e autodisciplina. È uno sport in cui se si cade si fa di tutto per rialzarsi, una sfida continua in cui si cerca di trovare sempre un modo per risolvere la situazione.
Il titolo del corto prende il nome proprio da una tecnica difensiva del pugilato la “bob and weave”, che consiste nello spostare la testa sotto o lateralmente quando è in arrivo un pugno. Ed è da qui che è partito il dibattito del Maxxi.
“Bob and Weave – premiere”. L’evento
La serata del 2 novembre al Maxxi di Roma, preceduta dalla proiezione del corto e moderata da Marco Lollobrigida, ha visto l’intervento di diversi ospiti, tra cui i rappresentanti delle associazioni promotrici, Simone Casanica e Roberto Manieri (attori presenti nel cortometraggio), Gianni Quinto e Adelmo Togliani (registi dell’opera) e il pugile Emanuele Blandamura, che ha preso parte al film vestendo i panni di se stesso.
Il confronto è stato preceduto dalle parole di Juri Morico, presidente di Opes, il quale ha tenuto a specificare che a primo impatto “Bob and Weave” può, effettivamente, sembrare uno dei tanti progetti sul bullismo. L’ennesimo, sospeso in un limbo che non è né realtà né finzione poiché troppo spesso i programmi proposti ai ragazzi trattano sì di bullismo ma lo fanno in modo che resti distante da loro, senza dargli dei modelli di riferimento veri e propri.
Il “nuovo” racconto del bullismo
Il film è ambientato a Roma e racconta il riscatto di un ragazzo che, per scontare una pena alternativa dopo aver commesso un reato di bullismo, lavora in una palestra di boxe. Imparerà così a conoscere i vari personaggi che lì lavorano e che la frequentano, verrà a conoscenza delle loro storie e di altri tipi di bullismo con il quale in modi diversi hanno avuto a che fare. Il personaggio interpretato dall’attore Alessandro Benvenuti, per esempio, spiegherà al giovane i difficili anni in cui avendo fatto il militare ha subito e poi ha abusato lui stesso di nonnismo.
Perché mischiare sport e bullismo, ha provato a spiegarlo Gianni Quinto. Del resto, di film sullo sport ce ne sono molti, ma ciò che in questo caso premeva veicolare era anche il fatto che nella vita, come nello sport (e in particolare nella boxe) l’autodisciplina è fondamentale, così come il controllo di sé stessi.
Il cortometraggio oltre al tema del bullismo affronta molti temi; tra questi – anche se in modo minore – i social, realtà ormai sempre presente nella vita di tutti.
I social sono davvero un problema?
In realtà, come dichiarano Simone Casanica e Roberto Manieri, i due giovani protagonisti del corto, tutto dipende dal come li si usano. Lo stesso film dimostra che se usati in modo corretto i social possono essere uno strumento importante. Di certo non staccato dalla vita reale, come talvolta si continua a crede.
In Bob and Weave nulla accade per caso. Come fa notare Lollobrigida il cortometraggio, se analizzato da un punto di vista tecnico, ricorda un po’ il neorealismo e anche la scelta del formato 1:1 non è scontata.
Oltre ad essere un po’ un ritorno agli anni ‘90, sempre più di moda ultimamente – spiegano gli sceneggiatori – esso vuole soprattutto rappresentare l’idea di “gabbia”. Si tratta infatti di un formato stretto, lo spettatore è costretto a vedere solo e unicamente ciò che ha davanti senza distrazioni. La gabbia rappresenta il carcere dove si sente intrappolato il protagonista. Inoltre, ricorda anche un po’ lo schermo di uno smartphone, un ulteriore modo per far si che il corto venga apprezzato dai più giovani.
Corto si, corto no?
Come dicevamo, in Bob and Weave, nulla è lasciato al caso. Come aggiunge Adelmo Togliani la scelta di fare un cortometraggio ha anche qui un motivo ben preciso: il mondo di oggi va sempre più veloce proprio come i ragazzi.
E in poco tempo non è semplice delineare un viaggio dell’eroe, anzi nello specifico dell’antieroe. Il protagonista in questo caso non è infatti il bullizzato ma è il bullo che grazie alla boxe e ai personaggi che incontra si redime.
E la difficoltà era proprio tutta qui: rendere l’antieroe il protagonista della vicenda.
Emanuele Blandamura, famoso pugile che nel corto interpreta sé stesso, racconta di esser stato a suo tempo un bullo. “Il bullo è una persona sofferente che vuole mettersi in mostra”. Lui voleva dimostrare di esser parte del gregge, doveva farlo per essere accettato. Ed è stato grazie al pugilato che ha compreso davvero di essere unico.
Sport, valori, obiettivi
Il pugilato è uno sport duro ma non violento è uno sport che insegna tanto, ti fa capire che anche se tocchi il fondo puoi sempre rialzarti.
Il problema, aggiunge Simone Casanica, è che i ragazzi hanno paura a mostrarsi fragili, non riescono ad ammettere di avere difficoltà e per questo si amalgamano agli altri. Si fanno scudo con altre persone e se la prendono con i più deboli perché è più facile così.
Come ricorda lo stesso Blandamura in Italia lo sport più seguito è il calcio e non il pugilato. Nel calcio spesso, non sempre ma spesso, si insegna ai giocatori a non rialzarsi, a fingere dolore e a ritirarsi. Nel pugilato è esattamente l’opposto: ai combattenti si insegna a rialzarsi nonostante tutto.
Qui interviene Ubaldo Righetti, ex calciatore della Roma, che concorda in parte con l’amico Emanuele ma aggiunge come lo sport sia anche il tramite principale per insegnare che l’ambizione è tale solo quando ammette anche la sconfitta.
Importante anche il messaggio e il supporto delle istituzioni, attraverso l’intervento di Salvatore Falco, della Segreteria Tecnica del Ministero della Cultura. Falco affronta nuovamente il tema del bullismo e di come, per combatterlo, sia necessario prima di tutto un confronto con le famiglie. Sono i genitori che vanno educati ancora prima che vengano educati i figli. I social sono sicuramente controllati e al giorno d’oggi è più facile che intervenga la polizia postale in un caso di cyberbullismo ma anche qui sarebbe necessaria un’educazione all’utilizzo preventiva.
Scelte
Se in Bob and Weave nulla è casuale, anche nella vita ogni comportamento ha le sue conseguenze e le scelte contano. Così come la scelta degli attori, sullo schermo, per Adelmo Togliani che aveva già notato Simone e ai provini Roberto lo ha colpito immediatamente in maniera positiva. La scelta di Simone si è basata soprattutto sul fatto che il ragazzo avesse contemporaneamente sia un’aria da duro che da buono.
Così nella vita è importante accogliere le proprie sfumature, accettare le proprie e quelle degli altri. Dando spazio ai propri sentimenti, valori e diritti, affinché nessuno possa scavalcarli.
A cura di Elena Massaro