Al giorno d’oggi molti giovani – tra i 18 e i 30 anni – vivono con un costante senso di incertezza circa il proprio futuro. Per provare a trovare una soluzione a questa sensazione, molte persone cercano una risposta viaggiando e andando all’estero. Ci si perde nel mondo per cercare di ritrovare se stessi. Molti giovani lo fanno attraverso il Servizio Civile Universale (SCU), esperienza di volontariato della durata dagli 8 ai 12 mesi che può essere svolta anche al di fuori dell’Italia.
In un mondo così interconnesso e globalizzato, la pluralità degli stimoli presenti nella società odierna fa mettere in discussione ogni aspetto della propria vita. A seguito della pandemia, inoltre, ci si è resi conto di quanto a volte si verifichino degli eventi imprevedibili che hanno delle ripercussioni enormi sulla vita dei singoli, i quali si trovano in balia di un qualcosa più grande di loro. Numerosi sono i dubbi che assalgono: dove vivere? Che lavoro fare? Come raggiungere un’indipendenza economica? Queste sono alcune delle domande sul futuro che tartassano la mente dei giovani d’oggi.
In questo caos, il Servizio Civile Universale (SCU), rappresenta una possibile soluzione per coloro che hanno tra i 18 e i 29 anni. I motivi che spingono a provare questo percorso sono molteplici: c’è chi dopo gli studi vuole prendersi un anno di pausa senza però stare con le mani in mano, chi utilizza questa esperienza per staccare dalla propria routine, altri che vedono il SCU come un trampolino di lancio per cambiare vita e andare a vivere all’estero… Insomma, a ognuno il suo. Ma cosa significa intraprendere un’esperienza del genere?
Il volontariato SCU come sfida lavorativa
Un aspetto interessante del Servizio Civile Universale è che può essere svolto in tutto il mondo: non si limita quindi alla dimensione europea, ma permette di vivere un’esperienza di volontariato dall’America Latina all’Africa. Il programma prevede che ai volontari vengano pagati i mezzi di trasporto per raggiungere la destinazione scelta e l’alloggio in cui vivere. Viene anche impartita una formazione nel primo periodo del servizio. Essere selezionati dà la possibilità di poter vivere un’esperienza intensa ed immersiva, non priva di sfide da affrontare.
Innanzitutto, bisogna ambientarsi nel nuovo contesto lavorativo e imparare a collaborare con gli altri volontari o comunque con i colleghi dell’organizzazione ospitante. Nonostante il Servizio Civile Universale non costituisca un’opportunità di lavoro vera e propria, bensì volontariato, è fondamentale che ciascun partecipante si impegni al massimo al fine di dare un contributo adeguato all’interno dell’associazione che lo ha accolto.
Spesso e volentieri ci si ritrova anche a dover svolgere delle attività lontane dalla propria formazione educativa o professionale. Una persona laureata in relazioni internazionali può ritrovarsi a gestire la pagina social di un ente, o un ingegnere può essere chiamato a insegnare sport a dei bambini che si trovano in una condizione di fragilità. Inoltre, quasi sempre, bisogna utilizzare l’inglese o la lingua del paese ospitante, sfida piuttosto rilevante e non banale.
Immergersi in una nuova cultura
Ciò che distingue il SCU da un’esperienza di viaggio normale è che il primo, durando tendenzialmente 12 mesi, permette di immergersi appieno in una nuova cultura diversa dalla propria. Tale discorso va al di là della questione linguistica: vivere un anno in un altro paese significa impararne la cultura culinaria, le tradizioni, le celebrazioni, lo stile di vita e molto altro. Questa condizione talvolta può essere più complicata in alcuni contesti piuttosto che in altri. Se già si possono percepire delle differenze culturali tra Italia e Spagna, entrambi paesi europei e mediterranei, queste aumentano drasticamente se si svolge il proprio volontariato ad esempio a Città del Capo, in Sudafrica.
Essere propositivi in una situazione del genere risulta fondamentale. Solo aprendo la propria mente e adottando un’attitudine positiva di fronte alle differenze con altri popoli si possono acquisire nuove conoscenze e, soprattutto, godere appieno della propria esperienza SCU in una dimensione più completa. Vivere in maniera attiva una nuova cultura fa sì che non ci si limiti solo ad essere dei meri “turisti” o “ospiti” del paese ospitante. Integrarsi ed adattarsi alle tradizioni di un nuovo contesto significa coglierne l’essenza e capirne il significato. Inoltre, un’esperienza simile permette anche di poter vedere con un occhio diverso la propria cultura, aiutando a coglierne i punti forti ma anche quelli critici che, magari, non avendo un metro di paragone, vengono dati per scontati. Qualcosa che può essere malvisto in Italia, ad esempio, può essere completamente normalizzato in un altro paese (o viceversa).
Un viaggio non solo fisico ma anche introspettivo
Il punto di forza del Servizio Civile Universale è che permette a chiunque di uscire dalla propria comfort zone e di confrontarsi con un qualcosa di nuovo. Ciò costituisce un’opportunità per i volontari, qualora ad esempio non fossero soddisfatti o convinti del proprio lavoro o dei propri studi in Italia, di provare qualcosa di nuovo e scoprire una possibile altra alternativa. Nel caso andasse male comunque il programma dura solo un anno e comunque può essere interrotto in qualsiasi momento. Quel che è certo è che, comunque vada, un’esperienza del genere può permettere di acquisire e migliorare delle skill non solo lavorative, ma anche personali, le quali possono tornare molto utili nel mondo del lavoro e in generale nella vita di tutti i giorni.
Il valore e la rilevanza di un viaggio non dipendono da quanto si è fisicamente lontani da casa, ma dall’intensità con cui si vive l’esperienza. Si viaggia molto di più condividendo storie di vita, conoscendo persone interessanti provenienti da tutto il mondo, provando cose nuove, piuttosto che prendendo un aereo per andare dall’altra parte del mondo. Il SCU sicuramente è un ottimo strumento per viaggiare all’estero e per vivere un’avventura a 360 gradi.
C’è chi ritorna a casa, chi rimane nel paese in cui a svolto il volontariato e chi decide di continuare a fare altri viaggi e periodi all’estero: quel che è certo, è che a prescindere da come si evolverà, un’esperienza del genere, che mette davanti a delle sfide nuove da affrontare, permette di fare un viaggio non solo fisico ma anche introspettivo verso la scoperta di se stessi e, si spera, di quello che si vuole nella propria vita.
A cura di Gaia Magnani