Dolce visione e amare delusioni: quale futuro per il nostro calcio?

Dolce visione e amare delusioni: quale futuro per il nostro calcio?

La visione, cosa ci sarà domani, è ciò che cerca il calcio italiano da ormai otto lunghi anni, ovvero da quando prendemmo la prima batosta contro la Svezia. Ma oggi com’è la situazione?

Un abisso da cui è difficile riemergere

Era il 2017, sembrava il momento più oscuro del nostro calcio e, oltre alle dimissioni di Tavecchio e poi di Ventura, si invocava qualcuno che avesse “una visione sul calcio italiano”. Da allora Gravina è sempre stato presidente, si sono avvicendati diversi CT in panchina, ma nulla pare essere cambiato.

L’anno prossimo saranno vent’anni (20!) dalla vittoria dell’ultimo mondiale e che cosa è successo in questi vent’anni?

Oseremmo dire… Nulla! Si, abbiamo vinto un Europeo, che a voler essere cattivi potremmo dire “è capitato” (anche se certe cose non avvengono mai per caso).

Ancora più giù

Ai mondiali manchiamo da otto anni, due tornate che fanno malissimo. Senza contare la figuraccia rimediata all’ultimo europeo da campioni in carica. E poi, succede ancora:

La Norvegia ci batte 3-0. E il mondiale si allontana di nuovo? Cambiamo CT, che sarà mai!

Ma il CT è solo il capro espiatorio di un qualcosa di molto più ampio, di un movimento che non produce più campioni, salvo qualche caso sporadico. Un movimento che non valorizza i propri giovani e nemmeno il blasone di Nazionale fra le più vincenti al mondo.

Italia a doppia faccia

Nei vari club di Serie A, si possono vantare esempi positivi di chi ha avuto una visione e sta cercando, nel bene e nel male, di portarla avanti. Club come la Fiorentina, in cui Rocco Commisso ha investito sin da subito nelle strutture, con la costruzione del Viola Park, centro sportivo giudicato migliore d’Europa.

E anche il Como, che sta investendo più sull’essere un brand, come avere delle magliette che possano essere considerate di tendenza o invitando le star di Hollywood a vedere la partita, come Keira Knightley e Michael Fassbender. E addirittura ospitando spettacoli pre-match.

Inoltre, il Como investe su un progetto a lungo termine, con una squadra giovane e un allenatore giovane, vecchia conoscenza del calcio spagnolo: Cesc Fabregas.

Analogie e differenze

La Fiorentina, nella visione di Commisso “entro 10 anni lotterà con le grandi”.

Sicuramente, da quando è arrivato lui, si è qualificata fra le prime 7 per tre volte accendendo alla Conference League e arrivando per tre volte in finale, pur perdendola.

Il Como, giunto in Serie A quest’anno, non nasconde di mirare alla Champions e da neopromossa nell’ultima stagione ha dato filo da torcere a diverse squadre, anche diverse fra quelle più quotate.

Certo, dirigere un club o una federazione non è esattamente la stessa cosa, visto che in un caso si parla di proprietà e nell’altro no. Ma c’è una cosa in comune: gli investimenti.

In quale settore, da quando la nostra nazionale è in caduta libera, ha investito la FIGC?

Una lista infinita di cose che non vanno

Non nelle strutture, come abbiamo avuto modo di vedere, ferme in molti casi a Italia ’90. Le uniche ristrutturazioni sono avvenute per mano delle società, che hanno acquisito gli stadi.

Non negli uomini. L’ultima nidiata di campioni è quella del 2006, gente nata negli anni ’70 perlopiù. E non ce ne vogliano i ragazzi dell’Europeo, ma l’unico fuoriclasse lì era ed è Gigio Donnarumma, che però da solo non può sempre salvare le partite.

Infine, nemmeno nei mezzi. Tante nazionali ormai lavorano come i club per ottenere le prestazioni dei calciatori, lavorando su cittadinanze e doppi passaporti. In Italia questo avviene difficilmente.

La Svizzera, che ci ha eliminato agli ultimi Europei, ha costruito un’intera nazionale con i doppi passaporti: ragazzi con origini dell’est Europa, che sono però cresciuti in Svizzera. La stessa cosa stanno facendo Marocco e Thailandia, per esempio.

L’unica visione del calcio italiano? Quella del Gattopardo

Dunque ci ritroviamo qui, a distanza di anni, a parlare di visioni, a esonerare allenatori e a rimanere attaccati alla logica del Gattopardo: “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.

Cambiamo solo in superficie, Ranieri per Spalletti (forse), che magari preferirà mettere Mancini al centro della difesa al posto di Coppola e Pellegrini al posto di Barella a centrocampo… Ma per il resto?

Visioni che rimarranno tali: fantastiche, irrealizzabili e intangibili. È difficile infatti trasformarle in fatti concreti, per quello ci vuole impegno e passione, fattori che restano anch’essi una visione, per adesso.

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