La mia libertà, finisce dove comincia la vostra?

“ A scuola di libertà “: la linea sottile tra violazione e condanna

In occasione della quinta edizione di “A scuola di libertà“, campagna di educazione alla legalità, OpenMag ha deciso di interrogarsi sul tema della libertà e di come questa venga garantita nel nostro paese.

La quinta edizione della campagna di educazione alla legalità dimostra che la libertà ha un prezzo molto alto da pagare e ancora oggi nel nostro paese il limite del sistema giudiziario incide moltissimo sulla percezione e sulla libertà di ciascuno.

La legalità che si insegna.

E’ partita il 15 Novembre scorso A Scuola di Libertà: le scuole imparano a conoscere il carcere”, la campagna nazionale con lo scopo mirato di creare iniziative, costruire momenti di riflessione e incontri per mettere a nudo il sistema carcerario attraverso un confronto attivo con gli studenti.

Giunta alla quinta edizione, la campagna è sostenuta da tutte le associazioni che in Italia si occupano di carcere ed è promossa dalla CNVG, Conferenza nazionale Volontariato e Giustizia, che vede impegnati quotidianamente oltre 8 mila volontari in esperienze di volontariato fuori e dentro gli istituti penitenziari.

L’iniziativa è semplice: le associazioni aderenti e attive sulle carceri del territorio si coordinano con gli insegnanti per realizzare percorsi specifici di educazione alla legalità in classe. Gli incontri prevedono l’alternarsi di testimonianze vive dei volontari, dei familiari e degli ex detenuti. L’intento perciò è quello di far incontrare due mondi distinti e paralleli, per aiutare i più giovani a riflettere sulla linea sottile che separa trasgressione e illegalità, salvezza e condanna, libertà e prigionia.

Condanna senza appello.

Se il filo conduttore di quest’anno è “Tra passione e indifferenza: passioni che ti svuotano la vita, passioni che te la riempiono”, le testimonianze di chi ci mette la faccia, attraverso un linguaggio vivo, nudo e crudo, rimangono un fermo documento che si fa portatore di un messaggio di salvezza. Le storie, raccontate in prima persona, tentano di far capire quanto gravi siano le conseguenze di uno sbaglio per cui la strada verso la redenzione personale si fa complessa.

La sincronia perfetta tra arte e libertà.

Non si esaurisce però a questa iniziativa il dibattito sulle carceri italiane, e la rassegnadestini incrociati” ne è un esempio. Tre giornate intere, dal 15 al 17 Novembre, di conferenze, proiezioni, video e laboratori per entrare nel mondo del carcere da un osservatorio inusuale: la sala di un teatro. In questo caso il valore simbolico diventa duplice essendo il Palladium di Roma non un teatro qualunque, ma dell’ateneo Roma Tre.

L’intento è quello di creare un ponte che colleghi l’universo carcerario e la società esterna: due mondi distinti e assolutamente dissimili, ma uniti temporaneamente da un linguaggio privilegiato che diventa universale, quello dell’arte. Questo sarà possibile anche a partire dai luoghi in cui si svolgeranno gli eventi, ovvero, oltre il Palladium, il carcere di Rebibbia, la biblioteca Hub Culturale Moby Dick della Regione Lazio, il Dams dell’università Roma Tre.

L’importanza della discussione.

Perché è importante organizzare costantemente iniziative come queste? Per scardinare un argomento, il carcere, che in Italia per molti settori della collettività è ancora un tabù. La società, specchio del pregiudizio, diventa così colpevole di non offrire sufficienti possibilità di riscatto a chi si redime dagli sbagli passati. Una società colpevole di soffocare volutamente un dibattito reale circa il sistema carcerario italiano e i percorsi di reinserimento previsti o a volte inesistenti.

A riprova di quanto sia difficoltoso il dibattito sulla questione delle carceri perfino tra le istituzioni, ne è testimonianza lo sciopero della fame indetto da Rita Bernardini, Coordinatrice della Presidenza del Partito Radicale. Attraverso la personale forma di protesta, Rita Bernardini si fa ferma sostenitrice dell’urgenza di una riforma strutturale non solo del sistema giudiziario italiano, ma anche di quello carcerario, se non demonizzato quantomeno escluso dal dibattito politico contemporaneo.

Il potere della persuasione.

Ultima attestazione rimangono i dati circa i reati compiuti in Italia ultimamente. Nei primi sette mesi del 2017, i reati denunciati alle forze di polizia sono calati del 12 per cento. Gli omicidi sono calati del 15 per cento, passando da 245 a 208 segnando un nuovo record storico. Calano perfino rapine e furti, due reati che solitamente aumentano negli anni di crisi economica.

Nonostante ciò la percezione della paura rimane alta, lo dimostra l’ultimo rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza pubblicato lo scorso febbraio. La criminalità è la terza preoccupazione degli italiani, dopo i pericoli globali come terrorismo e disastri naturali, e dopo le incertezze economiche.

Un dato di questo tipo permette di riconoscere sicuramente alcune falle su un sistema d’informazione quanto mai problematico. Il rischio è di veicolare un messaggio sbagliato: non si ha bisogno tanto di una caccia alle streghe del sistema mediatico, quanto di una corretta formazione su temi come giustizia e condanna.

“La mia libertà finisce dove comincia la vostra”: un concetto, chiaro e immediato, che dovrebbe rimanere costantemente impresso nella mente così come nel cuore.

 

 

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