In occasione della giornata internazionale contro l’omofobia, bifobia e transfobia, che si celebra ogni anno il 17 maggio, abbiamo pensato di proporvi una riflessione sul principio di uguaglianza e di non-discriminazione.
Non è certo un “save the date” a doverci ricordare l’importanza dei nostri diritti. Ma è proprio in tali ricorrenze che diventa utile, ancor di più, dedicare il nostro tempo ad un’analisi costruttiva per migliorare ciò che “non va” nel quotidiano.
Perché proprio il 17 maggio?
La scelta della data in cui celebrare questa giornata non è affatto casuale, ma ha un’origine ben specifica.
Il 17 maggio 1990 è una data storica per il mondo LGBTI. Quel giorno l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rimuoveva l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie.
La conseguenza fu chiara: l’orientamento sessuale fa semplicemente parte dell’identità di genere di ogni individuo.
Furono necessari però ancora quattro anni perché la decisione divenisse operativa, con la successiva edizione del Dsm (Diagnostic and statistical manual of mental disorders), stilato nel 1994.
Più tardi, nel 2007, l’Unione europea istituì la giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.
Perché è importante istituire una giornata contro l’omofobia, bifobia e transfobia?
Alcuni di voi forse si stanno domandando l’utilità di prevedere una ricorrenza simile.
Istituire una data “ad hoc” deve ricordarci che le discriminazioni contro le persone LGBTI esistono.
Vero è che numerosi sono stati i progressi compiuti in Europa e in tutto il mondo.
Pensiamo ai matrimoni e alle unioni civili, diritti di adozione per le persone LGBTI e protezione giuridica dalla discriminazione sul posto di lavoro, dal discorso dell’odio e dai crimini di odio.
Tuttavia, bisogna fare i conti anche con i passi indietro a cui abbiamo assistito.
In particolare, si assiste spesso ad una retorica ostile da parte di alcuni politici, con la conseguente impennata di violenza basata su omofobia e transfobia.
Non solo. Nel mondo, in ben 69 paesi le relazioni consensuali tra persone dello stesso sesso si configurano come reato. E in 11 di tali paesi l’omosessualità è ancora passibile di pena capitale.
L’esigenza di una normativa efficace
Dinanzi a qualsiasi forma di discriminazione, diventa necessario intervenire con una normativa che tuteli gli individui da qualsiasi pratica persone LGBTQ in modo sproporzionato alla disoccupazione, all’esclusione sociale e alla povertà.
Diversi sono gli attori che possono agire per introdurre una normativa in grado di tutelare gli esseri umani dalle discriminazioni fondate sul sesso e sull’identità di genere.
Alcuni esempi di interventi normativi
L’Europa può considerarsi uno dei principali protagonisti in questo contesto.
L’Ue promuove l’uguaglianza in tutti gli ambiti della vita, sia all’interno che all’esterno dell’UE. Attraverso il suo rinnovato quadro strategico interno ed esterno, in particolare il piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia (2020-2024) e la strategia per l’uguaglianza LGBTIQ 2020-2025 (la prima in assoluto della Commissione europea).
Sul piano nazionale, invece, si segnala il tentativo di abbattere, più in generale, la disparità di genere. Specifiche misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono classificate come “misure mirate alle donne”, pianificate cioè con l’obiettivo di favorire le donne attraverso le quali si stima la riduzione del gender gap di oltre il 20%.
Conclusioni
Non è intenzione di chi scrive affermare che la “soluzione” definitiva al problema delle discriminazioni contro la comunità LGBTQ sia ravvisabile esclusivamente in un intervento normativo.
Del resto, per citare le parole dell’Illustre Stefano Rodotà, “Parlare di diritto d’amore non serve a legittimarlo, l’amore non ha bisogno di legittimazione”.
Le leggi possono solo fare da contorno. I cambiamenti avvengono, invece, attraverso le nostre azioni quotidiane.
A cura di Sara Tardi