#Storiedidonne, contro la violenza sulle donne

violenza sulle donne

Immagino che fosse un giorno come un altro, per lei. La vedo tornare a casa, stanca, dopo una dura giornata di lavoro, nella mia mente. Immagino che giunta al vialetto d’ingresso, si sia fermata, senza immaginare la violenza che l’aspettava, di fronte ai tre gradini che la dividevano dalla porta, per cercare le chiavi, nella pesante, grande, borsa che sempre porta dietro, così come ogni donna.

Immagino che pregustasse l’idea di varcare l’uscio, di fare i primi passi nella soglia di casa, di gustare il tepore del camino. Immagino che immaginasse, varcata la soglia, di assaporare il dolce detto: “Casa dolce casa”. Avrebbe posato la borsa e le chiavi sul mobiletto d’ingresso, avrebbe sfilato il cappotto in pelle, l’avrebbe appeso all’appendiabiti. Sarebbe scesa dai tacchi, avrebbe liberato i piedi dalla morsa di quelle scarpe splendide, scomode. Avrebbe iniziato a rilassarsi, a vivere il suo meritato momento di pace e solitudine. Una donna in carriera, single, senza figli. Forse avrebbe acceso la tv, bevuto un bicchiere di vino, ordinato la cena da asporto. Si sarebbe concessa una bella pizza, Capricciosa.

E invece quel giorno sarebbe stato diverso. Tornare a casa sarebbe stato diverso. Le avrebbe cambiato la vita, per sempre. Una donna forte, indipendente, una persona capace, in grado di affrontare tutte le sfide che la vita l’avrebbe costretta a fronteggiare, non poteva immaginare a cosa sarebbe andata incontro.

 È strano come in un attimo tutto il tuo mondo possa cambiare.

Quella sera, trovate le chiavi, ha aperto la porta , entrando in casa. La sua casa, quel posto sicuro che avrebbe riposato la sua mente e il suo corpo, esausti. Casa è il luogo in cui qualcuno si dovrebbe sentire al sicuro, non dovrebbe essere un inferno di violenza.

Varcata la soglia, in un attimo, quella giovane e forte donna di 35 anni, sì è ritrovata a terra. Un uomo vestito di scuro la teneva, il secondo, di fronte a lei, aveva un secchio, pieno. Le ha lanciato addosso il contenuto, sul viso, sul collo. Si è accasciata a terra, ha posato la borsa, sfilato il cappotto in pelle: aveva paura che si rovinasse, quando tutto ciò che si stava rovinando, era lei. La sua pelle aveva iniziato a bruciare, quasi, immagino, a sciogliersi. Poteva sentire le bolle nascere e sfumare sul viso, sul collo. Urlava, ricorda di aver urlato forte. La sento urlare anche io. Ricorda di non aver più visto nulla, da quel momento. L’ultimo rumore ad averle attraversato i sensi, era stato quello dei passi degli aggressori che correvano, allontanandosi dal luogo del delitto.

Si è risvegliata in un letto d’ospedale, con le bende sul viso, indolenzita, frastornata, dolorante, ferita, diversa. Chissà quanto si è sentita diversa. In quel letto, in quella stanza, a Parma, nel Centro per Grandi Ustionati.

Quella sera le è stato lanciato contro, sul viso, sul collo, da quell’uomo, acido solforico al 66%. Lucia Annibali è stata sfigurata gravemente. Perché? Perché il suo ex fidanzato non riusciva ad accettare di non averla più nella sua vita. Quell’uomo che, pur avendo una fidanzata e un bimbo in arrivo, non accettava la fine della relazione con la propria amante. Quell’uomo che ossessionato dalla fine del loro rapporto, ossessionato dall’idea che lei potesse frequentare altri uomini, rifarsi una vita libera dalla sua sfera di influenza,  vivere la propria indipendenza a modo suo, aveva iniziato a stalkerarla.

Lei non era preoccupata. Era una cosa che poteva gestire: lui poteva essere gestito, era una crisi momentanea, avrebbe smesso, gli sarebbe passata. Lo conosceva. Se ne sarebbe fatto una ragione, prima o poi. Era convinta di questo, forse lo è stata fino al momento in cui lui, fuori di sé dalla rabbia, è arrivato a commissionare l’agguato con l’acido solforico, permettendo a due estranei di intrufolarsi in casa sua, violare la sua indipendenza, la sua privacy, il suo essere donna, e aggredirla.

Guardandosi allo specchio, oggi, Lucia si sente forte, e combattiva. Vuole essere un esempio per tutte le altre donne che come lei, soffrono, hanno sofferto e soffriranno, purtroppo, a causa di violenza. Violenza psicologica, violenza fisica, violenza sessuale, violenza emotiva.

Una donna su 5 in Italia è vittima di violenza, a causa di un marito che la picchia, un compagno geloso che impazzisce, a causa di un odio profondo mascherato d’amore folle, che si tende a giustificare, perdonare, accettare, nella speranza che le cose cambino, migliorino.

Di folle, nelle storie di violenza, c’è solo l’uomo capace di gesti tanto atroci. E uomini capaci di tanto non sono degni di essere chiamati uomini, non cambieranno, non capiranno mai.

Siamo stanchi di sentire storie di donne che picchiate violentemente e ripetutamente perdono il bambino che portano in grembo, donne che hanno paura della loro stessa casa, paura di quella che dovrebbe essere la loro famiglia, il loro rifugio sicuro, il loro angolo di amore e conforto.

Donne che sono spaventate all’idea di uscire di casa, che non sono libere di vestirsi come vogliono per timore di essere oggetto di attenzioni non richieste.

È per dire no a tutto questo che ogni anni viene celebrata, il 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita con dall’Onu nel 1999. Vengono invitati governi, organizzazioni governative e non governative, media e società civile a sensibilizzare sulla violenza di genere le società. Il 25 novembre del 1960, nella Repubblica Dominicana vennero uccise le tre sorelle Mirabal, Patria Mercedes, María Argentina Minerva e Antonia María Teresa, assassinate per il loro impegno politico contro l’allora dittatore Rafael Leónidas. Il 25 novembre è diventata così la data simbolo dell’atto d’accusa della società civile nei confronti del fenomeno, purtroppo ancora in crescita, della violenza sulle donne. Iniziative in tutto il mondo celebreranno la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne perché ovunque sono milioni le vittime di aggressioni e soprusi, purtroppo, ancora oggi.

“La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace”

Kofi Annan

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