Freedhome: storie di libertà in reclusione

freedhome

Un sito e-commerce dove poter vendere prodotti rigorosamente “made in jail”: storia di Freedhome e di un’insita volontà di espiazione.

“Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”: una legge della fisica che vale (in modo impressionante) anche per i rapporti di convivenza e interpersonali di una civiltà, collegandosi ad un detto più crudo ed efficace del tipo “ se sbagli paghi”. Nasce da qui la volontà di espiazione della colpa da parte di molti carcerati italiani, così come di contro l’ostilità “naturale” di una società non sempre disposta a perdonare, fatta eccezione per alcuni straordinari progetti come Freedhome, portatore di una ventata innovatrice nel sistema di reinserimento nel tessuto socio-culturale odierno.

Fenomenologia di Freedhome: dal carcere all’ e-commerce.

La realizzazione di Freedhome si compie a fine ottobre con l’apertura del primo negozio permanente dedicato esclusivamente alla vendita di prodotti gastronomici e non solo, realizzate in carcere a Torino (precisamente in Via Milano) per compiere ad oggi il salto di qualità e aprire il sito di e-commerce, in vista degli acquisti natalizi dell’ultimo minuto.

prodotti freedhome

A lanciare il progetto un gruppo di imprese cooperative che lavorano negli istituti di pena italiani, da Cibo Agricolo Libero della Casa Circondariale di Rebibbia a Roma a Dolci evasioni della Casa Circondariale di Siracusa, che producono eccellenze enogastronomiche, di cui molte patrocinate da Slowfood; tra i “must have” presenti i torcetti realizzati nella casa circondariale di Aosta Brissogne, così come l’alta pasticceria del carcere di Busto Arsizio o  le mandorle e tipici torroni siciliani (solo per citarne alcuni), per non parlare della linea cosmetica con erbe officinali coltivate nell’orto della Giudecca di Venezia che meriterebbe una nota a parte. Ultimo fiore all’occhiello nella vendita online è il cosiddetto packaging: i prodotti infatti vengono presentati in appositi box natalizi realizzati per l’occasione.

Dalla pena al riscatto.

Secondo le cooperative creatrici di Freedhome, dietro a questo progetto “c’è la volontà di accendere i riflettori su una realtà come quella del carcere, perché portare lavoro nelle strutture detentive è la chiave di volta per ripensare e rifondare il sistema penitenziario in Italia.”

altri prodotti freedhome

Alle soglie del 2017 infatti, nell’ambito di una riflessione complessiva, per non dire di un esame di coscienza collettivo, si realizza non solo la difficoltà nel perdonare, nell’accettare la colpa dell’altro e la fatica nel compiere un giusto percorso di riabilitazione (che comporta ovviamente una nuova scalata sociale dal gradino più basso), correlato ad un clima di diffidenza nel rapportarsi con i carcerati e con il loro mondo a causa di una importante catena semantica fatta di stereotipi (secondo cui vale la legge carcerato = persona da cui tenersi alla larga), ma in particolare quanto a volte nel sistema penitenziario italiano il processo di rieducazione della pena sia lasciato al caso, abbandonando chi sceglie volontariamente l’espiazione ad un futuro alquanto incerto.

La quotidianità in carcere è scandita dal tempo e dagli orari: usare lo scorrere dei secondi attraverso la forza riabilitativa del lavoro aiuta nell’acquisizione di una nuova dignità, nella riflessione della colpa commessa (e molto spesso ammessa), nella formazione e inserimento nell’ambito socio-economico contemporaneo connesso ad una rinnovata acquisizione di libertà, perché ognuno merita una possibilità di riscatto lasciando la colpa nell’oblio.

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