Immigrazione: lutto nazionale. L’Italia avamposto d’Europa

Lutto nazionale.

Questo è il primo risultato, e modesto, del Consiglio dei Ministri convocato dal presidente Letta a margine della sua visita a Lampedusa, nel corso dei soccorsi del barcone naufragato fronte le coste dell’isola, con un bilancio provvisorio mostruoso: 130 morti, e 151 superstiti.

La tragedia che si è consumata in queste ore nelle nostre acque è solo la cima di un iceberg, molto più grande dell’ipocrisia di una classe politica che tutta in fretta è sempre pronta a prendere l’aereo per recarsi a Lampedusa, oppure in tutti quegli altri luoghi simbolo dell’immigrazione clandestina, e di approdo in Italia in Europa, in segno di vicinanza o cordoglio.

La domanda che ci si pone, dunque, è quale sia il senso di queste passerelle politiche, che con ipocrisia vorrebbero dimostrare una particolare vicinanza dello Stato, che nella realtà è già pienamente rappresentata dalle istituzioni locali, dalle Forze dell’Ordine, e dalle centinaia di volontari che si prodigano, non di meno insieme alla popolazione, nell’aiutare i poveri profughi provati dalle fatiche di un viaggio attraverso il Mediterraneo affrontato con delle carrette del mare  pescherecci o barconi, ma che nella migliore delle ipotesi è iniziato dal centro dell’Africa.

Quello che l’Italia affronta non è un’emergenza  circostanziata al nostro paese, ma è un dramma che si consuma sulle nostre coste che rappresentano il confine dell’Europa, e non è più sostenibile che l’Europa continui a non affrontare il tema, poichè serve una seria assunzione di responsabilità da parte di tutte le istituzioni, comprese quelle italiane, per la definizione di programmi di co-gestione dei flussi migratori.

L’Italia è l’avamposto dell’Europa nel Mediterraneo, la prima spiaggia di salvezza per i profughi e migranti che ricercano un riscatto morale e sociale, una dignità che spesso non hanno mai avuto, e il nostro paese continua a pagarne un prezzo altissimo, quello dovuto all’investimento di ingenti risorse per la non gestione dei flussi migratori, ma con pessimi risultati, poichè le dimensioni del fenomeno sono ben superiore alla sostenibilità stessa del fenomeno. L’altro prezzo che l’Italia paga è l’insostenibile frustrazione che prova, insieme ai suoi cittadini, nell’assistere – non siamo ipocriti! – al dramma che affrontano questi immigrati.

Non è più accettabile la sterile polemica sulla validità, o meno, della legge Bossi-Fini, poichè non è sostenibile una battaglia politica per l’accoglienza indiscriminata e libera, se non addirittura scevra da ogni forma di regolamentazione, poichè è di natura prettamente faziosa, dato che oggi l’Italia affronta una crisi economica fortissima, con tassi di disoccupazione oltre il 12% a livello nazionale, e con una percentuale che supera il 40% tra gli under 24, che non può garantire un dignitoso inserimento nella società civile dei migranti per la loro integrazione, nel rispetto della dignità umana e dell’autodeterminazione.

Tutto questo accade perchè l’Italia è abbandonata a sè stessa, e dall’altra parte i nostri governanti non hanno la forza di imporre nell’agenda europea il tema della migrazione, e la gestione di questi flussi. Infatti il tema centrale non è come chiudere le frontiere, come blindare le nostre meravigliose coste, ma come garantire un’accoglienza improntata sulla garanzia della dignità, della sussistenza, della sopravvivenza, dello sviluppo, della crescita, e dell’integrazione. Ma questo deve avvenire attraverso un processo inclusivo virtuoso, e non a discapito della società che accoglie, non impoverendola, non rischiando di porre a rischio il sistema sociale, che non gioverebbe nè all’italiano, nè al migrante, al quale bisogna anche garantire il diritto di poter attraversare l’Italia per raggiungere altre mete, che non necessariamente sono il nostro paese, che spesso è semplicemente il primo lido di approdo.

Oggi non servono passerelle, non servono lacrime ipocrite, o urli di indignazione additando una legge come il male assoluto del fallimento di una politica che non sa garantire accoglienza, ma solo respingimenti, ma serve un pugno del Governo Italiano su quei tavoli della politica dell’Unione Europea nell’assumersi la responsabilità di definire, congiuntamente, azioni e strategie per la gestione dei flussi migratori, che varcano i confini dell’Europa, e non solo dell’Italia.

Onoriamo il lutto, non con il silenzio, ma con l’azione.

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