Cuore di tenebra, Valerio Di Benedetto al Teatro Studio Uno

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“Cuore di Tenebra”, l’intenso monologo di Valerio Di Benedetto tratto dall’omonimo capolavoro letterario di Joseph Conrad, sarà in scena al Teatro Studio Uno di Roma fino al 29 marzo

Appena si aprono le porte della sala, gli spettatori si ritrovano immersi in un fitto banco di nebbia, catturati in un’atmosfera tanto misteriosa quanto affascinante. Il marinaio Marlow (Valerio Di Benedetto) sembra emergere dalla nebbia, quasi lo generasse, e inizia a raccontare il suo viaggio nel Congo, verso Kurz. Un viaggio che ha un duplice penetrante significato: da una parte condurre Marlow verso il cuore primitivo e selvaggio dell’Africa nera, dall’altra rappresentare il cammino introspettivo e metafisico dell’Uomo. Tutti i temi principali di “Cuore di Tenebra”, il capolavoro letterario di Joseph Conrad scritto nel 1902, si ritrovano nell’adattamento di Virginia Acqua in scena al Teatro Studio Uno di Roma fino al 29 marzo: il colonialismo, la perversione della società occidentale, l’orrore. Il monologo di Marlow sulle atrocità che ha visto in Africa (e in Occidente), così ipnotico e perverso, si snoda e si avvinghia come fosse il racconto di un sogno.

Lo spettatore si trova immediatamente catturato in un fiume di parole, quelle di Marlow, che non gli lasciano respiro e non ha altra scelta che seguirlo ammaliato. A volte lo stesso Marlow coinvolge il pubblico, chiedendo retoricamente di essere giudicato. Questo rapporto intimo e confidenziale fra spettatore e protagonista è dovuto in parte all’atmosfera creata tecnicamente dalle luci e dal fumo, ma anche e soprattutto alla recitazione di Valerio di Benedetto. È infatti molto bravo nel mantenere alta l’attenzione degli spettatori per tutta la durata del monologo, giocando sul diverso ritmo del racconto. La recitazione, influenzata a volte dal mondo del cinema, riduce gestualità e mimica, sconfinando spesso nella confessione; concorre, così a ipnotizzare lo spettatore.

Cuore_Di_Tenebra-Locandina

Tutte le scelte della regista Virginia Acqua spingono verso la fascinazione: dalla disposizione delle poltrone che circondano a breve distanza l’attore all’uso delle luci (seppur in alcuni casi non ottimale) che cambiano colore a seconda del racconto di Marlow e del suo stato d’animo. Ne sono un esempio l’afoso arancione e il verde della giungla. Tutti questi accorgimenti fanno sì che Marlow entri in profondo contatto con lo spettatore senza però mai perdere quell’aurea magica di mistero e inintelligibilità.

 Lo sforzo maggiore di Virginia Acqua è stato quello di rimanere la più fedele possibile al testo originale di Conrad, a iniziare dalla prima e ultima battuta dello spettacolo che coincidono con quelle pronunciate da Marlow nel romanzo. Il monologo risulta sorprendentemente in linea con la scrittura di Conrad, riuscendone a ricreare i passaggi chiave e le atmosfere “nere”.

La scelta di minimalismo e simbolismo sulla scena – colpisce, per esempio, il suo lento spogliarsi che richiama allegoricamente l’allontanamento dalla civiltà – ci è sembrata centrata perché sprigiona tutta la forza delle parole, le uniche a rimanere conficcate nel cervello.

Le parole di Kurz che tanto ossessionano Marlow, quel grido “L’orrore! L’orrore”, travolgono gli spettatori. I quali divengono, in un gioco di rimandi, i marinai che, nel libro, ascoltano rapiti il racconto di Marlow. Ci si ritrova non solo ad assistere a uno spettacolo, ma a co-partecipare (seppur passivamente) alla sua messa in scena. Entrando nel banco di nebbia, si entra nel mondo di Marlow e, di conseguenza, in quello misantropico e nichilista di Kurz.

 Il “Cuore di tenebra” di Virginia Acqua risulta, così, denso, oscuro e spaventosamente affascinante. Proprio come Kurz.

di Samuele Petrangeli

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