16 ottobre 1968: Tommie Smith e John Carlos

Tommie Smith John Carlos

Il 16 ottobre 1968 viene scattata una delle foto più conosciute nella storia delle Olimpiadi. Tommie Smith e John Carlos salgono sul podio di Città del Messico e protestano contro le discriminazioni razziali

16 ottobre 1968, Città del Messico. Giochi olimpici, 200 metri piani.

Tomas C. Smith vinse la gara e salì sul primo gradino del podio olimpico, aggiudicandosi l’oro e stabilendo un record mondiale mai sfiorato prima. Meno di 20 secondi che gli valsero il soprannome “The Jet” e un tempo che rimarrà imbattuto fino all’arrivo di Pietro Mennea (“La freccia del Sud”) nel 1979. Su quello stesso podio, al terzo posto, bronzo per il connazionale John Carlos.

La cerimonia di premiazione che seguì destò grande scalpore. I due americani salirono infatti sul podio scalzi, alzando al cielo un pugno chiuso ricoperto da un guanto nero (simbolo del “Black Power”) e abbassando la testa mentre l’aria di Città del Messico si riempiva delle note dell’inno americano. Uno dei gesti di protesta più ricordati nella storia olimpica, che costò la sospensione e l’espulsione dei due atleti dal villaggio olimpico. Tommie Smith e John Carlos facevano parte dell’Olympic Project for Human Rights, organizzazione statunitense nata l’anno prima allo scopo di protestare contro la discriminazione razziale: un progetto a favore dei diritti umani universali, “di tutta l’umanità anche di chi ci ha negato la nostra” (come affermò molti anni dopo Tommie Smith nella sua autobiografia).

La silenziosa protesta olimpica non si concluse con l’espulsione dal villaggio riservato agli atleti e la condanna diffusa del gesto (a partire da Avery Brundage, allora Presidente del Comitato Olimpico Internazionale). Una volta tornati in patria i due ricevettero numerose minacce e furono costretti ad abbandonare la carriera sportiva.

Sorte ancor più dura quella che toccò al secondo classificato Peter Norman. Seppur offuscato dall’eclatante gesto di Tommie Smith e John Carlos, va infatti ricordato il sostegno prestato dall’australiano alla causa; sostegno espresso attraverso lo stemma dell’Olympic Project for Human Rights che Norman appuntò visibilmente sul petto e che costò all’atleta la condanna dei media nazionali e l’allontanamento dalle scene sportive.

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