Donne allo stadio. Il calcio è davvero per tutti?

Donne allo stadio. Il calcio è davvero per tutti?

Questa settimana parliamo di donne e di calcio. Com’è la situazione nei nostri stadi e all’estero? Una questione sempre dibattuta, ma ancora molto attuale.

L’episodio

Partiamo dai fatti. La Serie A è cominciata da pochissime giornataìe, ma già fa parlare di sé, in modo non molto positivo. Più che il campionato in generale, è una frangia di tifosi (se così possiamo definirli) a fare la voce grossa: gli ultras della Lazio. In curva Nord, alla fine del match Lazio-Napoli, vengono ritrovati dei volantini, recanti il seguente messaggio: “Per noi la Nord è un luogo sacro… Lo viviamo come una linea trincerata, pertanto all’interno di essa non ammettiamo donne… Se ne andassero a Villa Borghese!”. Non sono le parole esatte, ma il succo è questo. Ancora oggi.

L’amarezza è tanta, visto che sembrava un problema ormai superato quello per cui: “Lo stadio è una zona off limits per le donne”. Queste persone, utilizzando un lessico da guerra, vogliono estromettere le donne da una determinata zona dello stadio, le prime dieci file della curva. Come se davvero stessero andando in guerra, una cosa che le donne non capiscono, in base alle loro parole. Le invitano quindi ad andare a Villa Borghese, intendendo magari qualche altra espressione.

Donne allo stadio. Il calcio è davvero per tutti?
Fonte: Sport.it

Italia Vs Inghilterra: trova le differenze

In Italia questo problema sembrava superato. A quanto pare non è così. Ancora oggi una donna non può recarsi allo stadio da sola, dovrebbe avere una valida scusa, come accompagnare il ragazzo o il figlio. Al massimo, dovrebbe essere una giornalista o comunque un’addetta ai lavori. Ma il discorso potrebbe esser esteso anche alle famiglie con bambini, che devono trovare il settore adatto, una partita tranquilla e magari spendere anche un sacco di soldi pur di veder giocare la squadra del cuore e godersi a giornata.

Ma non divaghiamo.

Fermiamoci un attimo a fare un paragone con altri stati. Prederemo la solita e “mitica” Inghilterra, che magari critichiamo anche, ma che in questo caso può vantare esempi positivi. Dopo che l’era Hooligans è passata, anche il calcio sembra essersi trasformato. Parliamo non di quello giocato in campo, ma sugli spalti. Il tifo organizzato esiste ancora, basti pensare alla Kop di Liverpool, ma non si vedono “linee trincerate” da nessuna parte. Sicuramente nel tifo organizzato ci sono anche donne (qui come in Italia), ma la cosa bella è vederne in qualunque parte dello stadio, anche da sole o con le amiche, a godere di una giornata di sport. Sono tante anche le famiglie, perché come abbiamo precedentemente sottolineato, gli stadi fuori d’Italia sono concepiti come luoghi d’incontro per tutti, dove celebrare la squadra del cuore. Senza contare le anziane signore che periodicamente vengono nominate “Tifosa più longeva” della propria squadra.

Donne allo stadio. Il calcio è davvero per tutti?
Fonte: ilromanista.it

E allora, cosa fare?

La realtà italiana non è così nera come viene spesso dipinta, ma nemmeno tutta “rosa e fiori”. Altrimenti nel 2018 non ci troveremmo a commentare certi gesti. Si potrebbe dire che ci sono tante iniziative a favore delle donne, come portare attenzione sul tema della violenza, ma una patch sulla spalla a volte non basta. Si potrebbe dire che ci sono sconti sul biglietto dedicati a loro, ma non dappertutto e non sempre, ma non è quello che serve.

E se qualcuno partisse con l’idea delle “quote rosa allo stadio”, meglio fermarlo subito, perché andremmo da un paradosso all’altro. Quello che serve è aprire la mente un po’ di più, uomini e donne, e pensare che se a una ragazza piace il calcio, può viverlo nel modo in cui meglio crede, che sia la prima o l’ultima fila dello stadio.

Che non esiste nessuna “linea trincerata”, visto che nessuno parte in guerra, uomo o donna che sia, ma un gioco, in cui le lotte terminano al triplice fischio. Che lo stadio è un luogo per tutti, come Villa Borghese, dove ci si ritrova e ci si diverte. Per cui, oltre alle solite multe, alle iniziative di rito che lasciano il tempo che trovano, fermiamoci un attimo e cerchiamo di cambiare la tendenza, di portare tutti allo stadio e di renderlo un luogo di inclusione e non di esclusione, di qualunque tipo.

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