Neologismi virali, il COVID-19 cambia anche la lingua

Neologismi virali del COVID-19

Grandi o piccoli, duraturi o passeggeri, i cambiamenti che stiamo vivendo stanno scrivendo pagine della nostra storia e sono destinati a lasciare il proprio impatto sulla realtà in cui viviamo. Se economia e socialità stanno cambiando a vista d’occhio, cosa sta accadendo alla nostra cultura? proviamo a soffermarci su una parte fondamentale di essa: la lingua.

2020: un anno di neologismi?

Le lingue si evolvono continuamente. Basti pensare agli ultimi anni quando termini prima inesistenti, come googlare, postare, taggare, selfie, sono entrati e rimasti nel gergo comune.

Da tempo, l’evoluzione delle lingue è sotto la lente di molti studiosi ed istituti specializzati. A tal proposito,  l’Iliesi (Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee) ha sottolineato come la creazione di neologismi sia nata e nasca dalla necessità di denominare un nuovo oggetto o un nuovo concetto, dalla creatività,  dal bisogno di dare un nuovo significato a termini già esistenti.

Partendo da questo punto, ci chiediamo: poteva la nostra lingua rimanere indifferente di fronte agli eventi del 2020?

Le parole del Covid 19

A pensarci bene, termini finora poco usati o nuovi sono spuntati fuori per definire la nostra quotidianità e sono diventati in poco tempo di uso comune. Basti pensare alla parola “lockdown”: letta sui giornali, ascoltata in tv, un termine che ha spopolato sui social, diventando il nemico dell’economia e della socialità. Talmente presente nelle case degli italiani che lockdown appare ormai come un termine proprio della nostra lingua, battendo a mani basse “confinamento”, il suo corrispettivo autoctono.

Insieme agli anglicismi, nel menù linguistico degli italiani, sono entrati stabilmente anche termini nostrani, parzialmente nuovi o di nuovo significato rispetto al passato. Pensiamo all’aggettivo “positivo”, su cui i creatori di meme hanno trovato pane per i propri denti. Basti riflettere su come l’“essere circondati da persone positive” sia passato in pochi mesi da una situazione di gioia ad un incubo da evitare.

E ancora, cosa pensiamo oggi quando sentiamo la parola “virale”? probabilmente non si accenderà nella nostra mente il ricordo di un video postato online e visto da tutti. Più comunemente inizierà a suonare un campanello di allarme collegato alla paura di una diffusione capillare del virus.

La viralità del lessico COVID

Rispetto ad un passato in cui i neologismi facevano il proprio ingresso a piccoli passi, i “termini del virus”, si sono diffusi nel 2020 con gran rapidità. Se da un lato questo è dovuto alla situazione di emergenza e al bisogno di comunicarla, dall’altro è altrettanto vero che l’accelerata al neologismo è stato favorito dai media.

Titoli dei giornali, post, interviste che ripetevano termini come “lockdown” “termoscanner” “assembramento” “tampone” ecc hanno reso popolare un nuovo gergo, ormai presente tanto in tv quanto al tavolino di un bar o al pranzo in famiglia. Ma siamo sicuri che i nuovi termini siano utilizzati nel modo corretto? Che il loro significato sia chiaro a tutti?  E quanto sono destinati a durare?

Necessità di ordine e chiarezza

Le parole che ci accompagnano in questi giorni potrebbero sparire con la fine della situazione di emergenza o assumere significati diversi nel corso del tempo. Non possiamo prevedere cosa accadrà, ma di certo, nel proliferare di parole nuove o nuovi significati, occorre fare ordine e chiarezza.

Su questa strada si è mosso l’Istituto Treccani che nell’ambito del progetto #leparolevalgono, campagna multimediale in difesa della lingua italiana,  ha pubblicato la lista “le parole del coronavirus”. Così troviamo, sulla pagina dell’Istituto, 20 parole il cui significato viene chiarito tramite figure, video e un rimando al dizionario dell’Istituto.

E ancora, fare chiarezza ha portato “Covid-19”, “Distanziamento sociale” e “lockdown” e le loro definizioni, tra le pagine del Devoto Oli, vocabolario dell’italiano contemporaneo. Sono questi tra i neologismi inseriti nell’area attualità dell’edizione 2021.

Iniziative come queste ci potrebbero aiutare a non dare nostre interpretazioni a ciò che sentiamo, evitando di utilizzare le parole nel contesto sbagliato o di cadere preda di facili paure verso il nuovo, e in questo caso verso il neologismo.

I neologismi come prodotti indifesi?

Se la lingua italiana si evolve con gli eventi, il 2020 non poteva quindi non lasciare il proprio segno anche sul nostro lessico. E come da copione, gli eventi di quest’anno hanno svolto il proprio compito e lo hanno fatto a gran velocità, trovando nei media il proprio supporter principale.

Ma se la lingua evolve, il neologismo, che sia semantico o meno, entra in maniera innocua nel nostro quotidiano? Per quanto sembri indifesa, ogni parolina è in grado di sferrare il proprio attacco. Nell’accogliere parole nuove bisogna infatti considerare una seconda faccia della medaglia: i neologismi, che rimangano o cambino nel futuro, influenzano i nostri comportamenti nel presente. E’ così che a determinate parole o espressioni associamo una reazione, un meccanismo, una regola da seguire… Ma cosa potrebbe accadere se il contesto di utilizzo cambia o se il significato di una parola non è chiaro e univoco per tutti?

Di certo non possiamo prevedere ciò che accadrà ma informarsi e mantenere un occhio attento è sempre necessario, così da non subire il cambiamento ma essere parte attiva del processo.

di Linda Rombolà

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