Diritti e moda sostenibile. Storia dell’attivista Kalpona Akter

Diritti e moda sostenibile. Storia dell’attivista Kalpona Akter

Kalpona Akter è una degli attivisti che combatte per trasformare il settore della moda in una realtà più sostenibile. Vi portiamo oggi in un viaggio tra sfide e battaglie.

La tutela dell’ambiente, la salvaguardia delle risorse naturali e il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo sono alcuni dei principi fondamentali alla base del concetto di sostenibilità. Molti sono gli attivisti che cercano di combattere battaglie in questo senso, tra loro troviamo Kalpona Akter.

Viviamo in un’era in cui l’uomo, sfruttando in maniera irrispettosa le risorse, è diventato la ragione principale delle modifiche strutturali del pianeta. E la sostenibilità è un concetto molto spesso da recuperare, di fronte al dilagare del “tutto a portata di mano” senza ben rendersi conto delle conseguenze che ciò comporta. Il mondo della moda non è esente da questo tipo di sfruttamento, anzi.

Negli ultimi quindici anni, la produzione di abbigliamento è raddoppiata e tale crescita è dovuta principalmente al fenomeno della fast fashion. Secondo lo studio del Nordic Fashion Council, l’industria della moda rappresenterebbe infatti la seconda più inquinante al mondo dopo quella petrolifera. All’interno di questo panorama, fra i brand più importanti, riscontriamo le imprese del fast fashion, che attraverso una gestione veloce della catena sono in grado di presentare fino a cinquantadue collezioni all’anno, una nuova a settimana.

Il caso del Rana Plaza

Partiamo dal Bangladesh, nazione di provenienza dell’attivista della quale abbiamo deciso di parlarvi oggi.

Il mondo si è infatti reso conto di cosa si nascondeva dietro l’industria della moda dopo uno degli incidenti più grandi della storia dell’industria tessile, quello dell’edificio Rana Plaza, appunto in Bangladesh, dove nel 2013 morirono oltre 1000 dipendenti e rimasero ferite più di 2500 persone.

Il Rana Plaza era una fabbrica di abbigliamento nella quale si lavorava giorno e notte in condizioni estreme; nonostante i dipendenti avessero notato le crepe sui muri e le avessero segnalate, i dirigenti li fecero continuare a lavorare incutendo in loro la paura di perdere il posto di lavoro.

I proprietari della fabbrica correvano il rischio di perdere i contratti di lavoro siglati con le grandi catene della Fast Fashion, e di conseguenza i loro guadagni economici. È anche vero che i proprietari di queste fabbriche sono spesso costretti dagli stessi governi ad accettare commesse di lavoro “a rimettere”.

Rispetto ad altri modelli di produzione, come ad esempio il modello seguito dal movimento della Slow Fashion, i costi ridotti della Fast Fashion sono dovuti principalmente al modello di produzione, che avviene in paesi estremamente poveri utilizzando materie prime non sottoposte a controlli o esami chimico-fisici previsti dalle leggi internazionali. E, purtroppo spesso, dallo sfruttamento dei lavoratori.

L’attivismo di Kalpona Akter

Kalpona Akter è un’attivista sindacale del Bangladesh, fondatrice e direttrice esecutiva del Bangladesh Center for Workers Solidarity.

Akter cominciò a lavorare in una fabbrica d’abbigliamento quando aveva solo 12 anni. A 15 è diventata presidente del suo sindacato, è stata arrestata ed ha affrontato diverse minacce ma negli anni ha ricevuto premi internazionali come risultato del suo straordinario attivismo. Nel 2016 ha ricevuto il premio Alison Des Forges di Human Rights Watch.

La sua organizzazione combatte contro lo sfruttamento dei lavoratori tessili in Bangladesh e per far crescere i loro diritti, inclusa la sicurezza nelle fabbriche di abbigliamento, i salari minimi e il loro diritto di esprimersi in organizzazioni sindacali.

La sua azione ha avuto maggior impatto in particolare dopo il crollo del Rana Plaza, uno degli eventi più tragici dell’industria della moda, di cui abbiamo parlato prima.

Kalpona Akter sostiene che “Rana Plaza non è stato un incidente: è stato un omicidio. Questo disastro era del tutto evitabile e non sarebbe accaduto se ci fossero state misure di sicurezza adeguate, un monitoraggio efficiente delle condizioni di lavoro e l’ascolto dei lavoratori stessi. (…)”.

L’attivista ha avuto inoltre un ruolo chiave nel sollecitare i marchi occidentali aderire ad un Accordo per la Sicurezza del lavoro in Bangladesh, e la sua testimonianza del Congresso degli Stati Uniti ha contribuito a inquadrare le linee guida per una proposta di legislazione contro le cattive condizioni di lavoro nel settore dell’abbigliamento.

Attualmente, l’obiettivo principale di Kalpona Akter è l’indipendenza finanziaria dei lavoratori del settore abbigliamento in Bangladesh, accanto a migliori condizioni ambientali e maggiore equità di genere.

Concludendo, possiamo dire che…

Di fronte alle sempre più incalzanti sfide ambientali, sociali, economiche ed istituzionali che si pongono davanti all’umanità, il dibattito sulla sostenibilità è più che mai attuale, necessario, e fa riferimento ad ogni aspetto della nostra vita. Infatti:

“La parola sostenibilità deriva dal latino sustinere, che significa sostenere, difendere, favorire, conservare e/o prendersi cura”.

Questo concetto ognuno di noi dovrebbe averlo come un mantra in ogni situazione nella vita. Fino ad oggi l’uomo ha infatti vissuto come se avesse la disponibilità totale del pianeta, come se ne fosse il proprietario senza pensare al fatto che invece siamo solamente degli ospiti e dobbiamo doverosamente rispettare questo prestito meraviglioso che la natura ci ha concesso.

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